A proposito dei pestaggi nelle patrie galere
Ci è giunta in redazione una poesia
che mette in versi il dramma delle “sforbiciate” nelle carceri. La riportiamo
di seguito. Ma prima vogliamo spiegare – brevemente – ai nostri lettori in che
consistono “sforbiciate e S. Antonio”. Il
“S. Antonio”, è un trattamento
con il quale il detenuto viene coperto da un telone - ( o da una coperta ) - e
ammazzato di botte. Vi è un fitto mistero sugli autori di questo tribale
rituale. Non si è mai saputo - con precisione - se gli autori sono i detenuti
criminali o i secondini divenuti tali. “Un tempo” – scriveva il giudice Giacarlo De Cataldo in “Minima Criminalia”,
(Storie di carceriere e carcerati – Edizioni Manisfesti Libri – 2006 ) a proposito del “S.Antonio” - “i disperati
sapevano che sarebbero usciti dal carcere solo morti: progettavano allora
evasioni impossibili, o scatenevano la propria violenza sugli altri detenuti, o
venivano impiegati dallo Stato per sbrigare certe faccende troppo sporche per
poter essere risolte in via ufficiale: come il “S.Antonio”, ossia il pestaggio
a morte, di cui fu vittima, a un anno dalla condanna, l’anarchico e regicida
Gaetano Bresci”.
Ci sono storie minime. C’è
chi ha raccontato di essere stato nelle celle di rigore a dormire sul
tavolaccio, senza sigarette, senza tv, a pane e acqua, con il bagno alla turca,
perché un giorno, ad un secondino che lo aveva offeso, gli aveva scaraventato
una borsa in faccia. Il carcere non è rieducativo, come pretende la Carta
Costituzionale, o come si vorrebbe far intendere, anzi è una scuola di crimine.
Qualcuno ha raccontato che nei periodi di permanenza ha appreso la tecnica per
fabbricare gli esplosivi, come si scippa un Rolex, come si clonano le carte di
credito, quanti tipi di droga esistono e si possono commercializzare, (uno
spacciatore di Torre del Greco spiegava che lui tagliava la cocaina con un
biscotto Plasmon mettendo il tutto nel frullatore). Un altro napoletano ha
invece spiegato per filo e per segno la tecnica delle rapine agli uffici
postali o alle banche. Non c’è nulla di improvvisato: il sopralluogo
preventivo, il palo, le auto nei posti giusti, le armi che possono sfuggire al
metal detector, un complice che si cela tra i clienti in attesa, il posto dove
sono collegati gli allarmi, il flusso dei denari… e una dose di cocaina che, a
detta di molti, mette coraggio.
E’ stato detto che a
Poggioreale nell’ora di aria veniva raccontata questa barzelletta:”Lo sai come si fabbrica un avvocato in
provetta?”. “Prendi una provetta
disinfettata, aggiungi dell’acqua distillata, metti un pizzico di merda e agita
fortemente… Mi raccomando, non esagerare con la merda, altrimenti viene fuori
un magistrato”.
Mi hanno riferito che in
altre carceri, si finisce in cella di rigore, a pane e acqua, soltanto perché
non sei vicino all’ingresso della cella, al momento della “conta”. La “conta”,
una tortura per tre volte al giorno. Di origine borbonica, stalinista,
animalesca. Devi essere sempre sveglio e se ti confondi con le ore hai finito
di… campare.
Quando passava la “ronda”,
- racconta un altro - ogni detenuto doveva farsi trovare – vestito di tutto
punto – anche se era pieno luglio – in piedi vicino alla porta d’ingresso, ed
uno doveva rispondere ad alta voce confermando il numero dei presenti in cella.
Non c’era scampo se ti trovavi a fare un bisogno corporale o volevi restare a
letto. Poi entravano e battevano con una mazza di ferro le cancelle, scatenando
un casino insopportabile. Serviva a controllare se qualcuno, nella notte,
avesse segato una sbarra della inferriata della finestra.
Un trattamento inumano. Non parliamo poi della “sforbiciata”. La
“sforbiciata”, è la perquisizione notturna o diurna della cella. Vengono da
fuori. E’ un reparto speciale. Una sorta di teste di cuoio. Ti fanno uscire
dalle celle nelle condizioni in cui sei in quel momento. Se è inverno, rischi
una polmonite per il freddo. Se ne fottono. I detenuti sono il rifiuto della
società. E’ per questo forse che a S. Maria C.V. – nei pressi del carcere -
hanno piazzato un dispensatore di puzza - il “CdR” - che appesta l’aria e
avvelena i detenuti.
Dicevo della
“sforbiciata”. Ti buttano giù per le scale e devi sostare per ore nel cortile.
Ti mettono a soqquadro la cella sbattendoti tutti i tuoi effetti personali per
terra. Cercano droga, armi, coltelli e quanto altro è proibito in carcere. Il
guaio è che quasi sempre, trovano di tutto. Ed il guaio è che spesso paga il
“triste” per il “peccatore”.
E fuori dal carcere?
Peggio, molto peggio. Chi credevi amico, si è invece rivelato un vigliacco!
Quando esci dalla galera, non hai più nulla di quello che avevi al momento del
tuo arresto. Hai perso tutto: affetti, stima, rispetto, onorabilità, posto di
lavoro. Tutto. Devi ricominciare daccapo… “con gli arnesi ormai logori”, come dice
Kipling.
Anche se risulterai
innocente non sarai mai perdonato dalla società, da questo, che gli eufemisti
chiamano “consorzio civile”. Il grande
giurista Francesco Carnelutti ha
scritto: “La gente crede che il processo
penale finisca con la condanna e non è vero; la gente crede che la pena finisca
con l’uscita dal carcere, e non è vero; la gente crede che l’ergastolo sia la
sola pena perpetua e non è vero. La pena, se non proprio sempre, nove volte su
dieci, non finisce mai. Chi ha peccato è perduto. Cristo perdona, ma gli uomini
no”.
La sforbiciata vista dalla cella tredici
Il
poco spazio, il sovraffollamento, il primo contagio da covid 19 ecco tra noi
nascono le paure
senza
spiegazioni, tamponi, voci di corridoio le cose più varie
chi
fa la battitura, che si barrica in sezione
ma
arriva la notte tutti a dormire
si
deve organizzare una protesta seria che ci faccia intervenire…
a chiusura, il giorno dopo… eccoli… arrivano…
elmo, scudo, manganello, ci prendono uno per uno
non si salva nessuno
Botte, botte, botte, ma più delle botte quegli
insulti
quelle
umiliazioni, abusi, risate, fissate nella mia mente
tra
le urla i gemiti i lamenti della gente!
un
mix di una eufollia e sofferenza…
mi
dicevo calma è finita “al tutti in fila faccia
al muro”
ed
essere presi per il c***
poi
mi chiamano fuori uno dice “a lui basta”,
ma se ne frega
un
altro dà fastidio ad ogni collega,
e di
nuovo botte botte botte
una
voglia di combattere ma potevi solo soccombere
le urla nelle orecchie parole offensive fanno
male… e le ho rimosse
basta
la rottura d'ossa
i
giorni dopo al telefono dici tutto bene,
dopo piangi
menti
per paura e con la testa viaggi
nemmeno di animali si trattano così male
spero
nella giustizia, sì giustizia
ah!
dimenticavo io sto nella cella 13
per
chi ha patologie
ne
ho varie le combatto sono stabilizzato e uso altre vie
come
è umano comunicare
questi
animali non sanno ragionare
godono
nel picchiare
ma sono solo dei servi dei servi
chi ha dato l'ordine sì chi ha sguinzagliato i
“cani”
deve capire che siamo essere umani
io sono sotto shock
ho
dormito di fianco per 15 giorni
tanto dal male alla schiena
ora
sono esauriti
e
sono esagerati
barbe
bruciate, camminare con le mani dietro la schiena
e ogni appiglio per loro è una cosa buona
siamo
tornati indietro da oltre 20 anni
quando
c'era la linea gialla
non
dimenticherò mai quel silenzio innaturale
rotto solo dai singhiozzi soffocati di chi
stava male
riabilitazione?
quale riabilitazione!!!
la tortura nella tortura
l'inferno dei vivi
in un momento storico dove ci vuole solidarietà
per tutti
eccolo siamo noi lo sfogo di molti
io
non voglio morire come un topo infettato qui…
e
nemmeno essere massacrato per i miei diritti
allora
mani dietro la schiena e sguardi dritti…
perché
non so se qualcuno ci aiuti… non abbiamo diritti…
(
Il detenuto, tra l’altro, appoggiato in attesa di REMS)
Paolo
Miceli
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