Rischio Covid, Cafiero De Raho: «I boss non
devono tornare a casa»
«Sapevo
qualcosa. Di Matteo mi accennò del suo incontro con Bonafede. Non ricordo se mi
disse che gli era stato proposto il Dap o gli Affari generali, qualcosa mi
accennò in verità». Lo ha detto il superprocuratore nazionale antimafia
Federico Cafiero de Raho, nel corso della videoconferenza di presentazione
della maratona Rai in onda il 23 maggio in memoria delle stragi di Falcone e
Borsellino. «Ma poi non so quale sia stato il successivo sviluppo», ha aggiunto
in riferimento a quella proposta che secondo il procuratore Di Matteo fu quella
di dirigere il Dap, lanciata dal ministro, ma ritirata al mattino successivo.
«I
boss non tornino a casa»
Sulla
scarcerazione dei boss dovuta al Covid-19, Cafiero de Raho, ha trovato un’
«ottima soluzione» quella che sarebbe allo studio del ministro Bonafede per
revocare gli arresti domiciliari ai detenuti in carcere duro. E si è detto
favorevole alla «possibilità di trovare spiragli per far ritornare, almeno i
più pericolosi, nelle carceri». Il superprocuratore ha ammesso di essere stato
«sorpreso per le scarcerazioni dei boss al 41 bis». «Dove le condizioni di
salute non consentono la terapia all’interno delle strutture penitenziarie
bisognerà assegnarli a quei centri ospedalieri penitenziari che hanno una
specializzazione per quella malattia. L’amministrazione penitenziaria dovrà
attivarsi con grande celerità. L’articolo 11 dell’ordinamento penitenziario lo
prevede. Non il rientro a casa, ma il trasferimento in un centro ospedaliero
sorvegliato», ha spiegato, ricordando l’obiettivo: non far parlare con nessuno
i capi clan per evitare che possano continuare a dare ordini.
Le
decisioni dei magistrati di sorveglianza
Ora
che il ministro Bonafede è intenzionato a fare retromarcia, ha chiarito il capo
della Dna, dovranno essere i procuratori generali a rivalutare ogni singola
posizione. «Il mio ufficio, nel mese di aprile, cioè un mese dopo che era stata
diramata la circolare, manifestò l’esigenza che venisse sottoposta ai
magistrati di sorveglianza la situazione patologica in cui versavano alcuni
detenuti - ha evidenziato - e i magistrati di sorveglianza hanno deciso
ritenendo che la posizione carceraria di alcuni di essi o comunque di coloro
che si trovano o in detenzione domiciliare o in libertà fosse incompatibile con
la prosecuzione del carcere in cui si trovavano». «Devo dire che sicuramente,
per quanto riguarda i detenuti al regime speciale di cui 41 bis, questo ci ha
sorpreso perché evidentemente chi si trova in regime speciale è in una
situazione nella quale non può avere rapporti con altri, quindi il problema
poteva esser determinato dalla Polizia penitenziarie ciò faceva pensare che
l’amministrazione penitenziaria non fosse intervenuta sufficientemente, ma è
strano vista l’altissima professionalità».
Foa:
«Fondamentale parlarne»
Imponente
l’impegno di programmazione Rai per l’anniversario della strage di Capaci. «E’
fondamentale parlare di lotta alle mafie sempre, ma in questo momento
particolare lo è anche per un altro motivo. Mi riferisco a qualcosa di molto
concreto, perché Falcone e Borsellino erano magistrati concreti, non
concedevano nulla alla retorica. Mi riferisco all’allarme che Cafiero De Raho,
lancia da alcuni giorni: il rischio che le mafie approfittino di questa
emergenza sanitaria. La mafia ha sempre tratto vantaggio dalle emergenze
pubbliche: da momenti di grave crisi economica, da terremoti e catastrofi
naturali, dalla fragilità e miseria delle persone», ha detto il presidente Rai,
Marcello Foa.
Fonte:di
Virginia Piccolillo. Corriere della Sera on line
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