Magistratopoli
si allarga a macchia d’olio e coinvolge i giornalisti al soldo dei servizi
segreti
“I giornalisti
che stavolta sono stati intercettati sono esattamente gli stessi che di solito
pubblicano paginate intere di intercettazioni, generalmente ai politici o ai
loro amici o familiari”
Piero Sansonetti |
“Se il
giornalismo italiano non fosse quasi interamente sottomesso alla logica delle
Procure e delle intercettazioni, non ci sarebbe nessun motivo per stupirsi del
fatto che restino segrete le intercettazioni che riguardano le principali firme
di giudiziaria”
Dopo magistratopoli ora scoppia giornalistopoli.
Ma se i giornali sono stati molto silenziosi sullo scandalo Csm (e restano per
abitudine silenziosissimi su qualsiasi scandalo che riguardi i magistrati), ora
diventano veramente muti su giornalistopoli. Muti al 100 per cento. È un ordine
di scuderia. Non ci sarebbe niente di male. Le intercettazioni che toccano i
più importanti giornalisti dei più importanti giornali italiani, messe a
disposizione degli stessi giornali dalla Procura di Perugia che indaga sul caso
Palamara, sono pure e semplici intercettazioni e non dimostrano che esista
alcun reato da parte dei giornalisti. Sono intercettazioni infami, come sempre
lo sono le intercettazioni. Dunque, a rigor di logica, perché bisognerebbe
pubblicarle? Per una sola, piccolissima, ragione. Perché i giornalisti che
stavolta sono stati intercettati sono esattamente gli stessi che di solito
pubblicano paginate intere di intercettazioni, generalmente ai politici o ai
loro amici o familiari, sebbene queste intercettazioni non contengano nessuna
notizia di reato.
Spesso,
anzi, pubblicano intercettazioni che sono ancora segrete, e che qualche Pm ha
deciso di far filtrare per mettere in difficoltà gli indiziati, o per ottenere
qualche aiuto nell’inchiesta o, più semplicemente, per iniziare a punire non
essendo sicuri di poter poi ottenere la condanna, visto che le prove latitano.
Le intercettazioni, e la loro pubblicazione, hanno un effetto fondamentale e
incontrollato e immediato: sputtanano. Comunque, chiunque. Nella pubblicazione
generalmente non c’è mai un’opera di mediazione o di ragionamento. Mai un
elemento a difesa o una proposta di attenuanti. C’è un solo ragionamento,
evidentemente, che viene fatto nelle redazioni dei giornali: quali conviene
pubblicare, quali è meglio censurare.
Se
il giornalismo italiano non fosse quasi interamente sottomesso alla logica
delle Procure e delle intercettazioni, non ci sarebbe nessun motivo per
stupirsi del fatto che restino segrete le intercettazioni che riguardano le
principali firme di giudiziaria (e non solo di giudiziaria) del Corriere della
Sera e di Repubblica e della Stampa e di svariati altri giornali. Sono tutte
intercettazioni che son state prese con i trojan sul cellulare dell’ex
procuratore aggiunto di Roma Luca Palamara. Esattamente uguali a quelle che
furono ampiamente pubblicate perché riguardavano uomini politici. Luca Lotti,
considerato all’epoca vicino a Renzi, è stato praticamente vivisezionato.
Sebbene la legge proibisse le intercettazioni dei suoi discorsi privati: è
vietato intercettare i parlamentari, e Lotti è un parlamentare. È vietato anche
perché è previsto dal buonsenso, e dalla Costituzione, che un dirigente
politico debba avere una parte della sua attività che resti riservata. Può
essere una attività di diplomazia, di compromessi, di trattative, di accordi.
Senza queste cose la politica non esiste. La politica non è solo retorica. È
anche governo. E il governo non si fa gridando slogan e basta.
E’
scoppiata Magistratopoli, ma stampa e tv tacciono per servilismo
Magistrati
da intercettatori a intercettati: i Pm scoprono lo sputtanamento
I
magistrati scoprono la gogna mediatica sulla propria pelle e si lamentano
Parla
Luca Palamara, il magistrato più intercettato e sputtanato d’Italia
E
invece sui politici nessuna indulgenza, anzi, nessun rispetto della legalità.
L’ordine di servizio, in questo caso è: sputtaniamoli. Anche se non hanno fatto
niente di male. Tutto cambia se invece
le vittime del trojan diventano i magistrati e i giornalisti. Cioè la casta.
Sarà forse giunto il momento di dirlo: la casta, la vera casta, è quella; la
corporazione potentissima che raduna la parte più aggressiva e politicizzata
della magistratura e del giornalismo. Diciamo, più semplicemente, il partito
dei Pm. Il cui leader massimo, non a caso, non è un Pm ma un giornalista. È
Marco Travaglio. Noi abbiamo dato solo uno sguardo a queste intercettazioni.
Cosa ci dicono? Che i giornalisti più importanti dei grandi giornali parlavano
con Palamara e partecipavano alle operazioni politiche in corso per determinare
i nuovi equilibri nella magistratura. C’è una giornalista che dice a Palamara
che se l’avesse saputo prima (non ha importanza cosa) l’articolo lo avrebbe
scritto lei e in un altro modo. Viene avanzata, da parte di Palamara, l’ipotesi
che un altro importante giornalista sia legato ai servizi segreti. Che certo
non è un delitto, però dal punto di vista dell’etica giornalistica, se fosse
vero, sarebbe una gran brutta cosa.
Perché,
per dire, magari preferirei essere informato da persone che non hanno da
rispondere ai servizi segreti, non vi pare? Poi c’è addirittura un lungo
colloquio tra Palamara e il vicepresidente del Csm dell’epoca nel quale si
discute di come sia possibile influenzare Repubblica, se è meglio farlo
attraverso pressioni sulla cronista di giudiziaria o sul caporedattore, e il
vicepresidente del Csm si offre per parlare con Repubblica ad alto livello, e
si discute della necessità di una “azione di orientamento” e si dice quale
linea deve passare all’interno di quel giornale. Non ho fatto nomi. Non mi
interessano i nomi. Quello che è bene che si sappia è la sostanza: oggi il
giornalismo politico, in Italia, è del tutto subalterno al giornalismo
giudiziario. Questo grazie alle grandi campagne moralizzatrici condotte dai giornali
negli anni scorsi. Cioè le campagne che hanno demolito la reputazione della
politica e messo in discussione persino la necessità della democrazia, dipinta
come un sistema sostanzialmente corrotto.
Queste
campagne sono state guidate dalla magistratura (e dalla sua rappresentanza
parlamentare, cioè i 5 Stelle), e forse dai servizi segreti. In questo modo è
stato distrutto il giornalismo politico ed è stato reso un sottoprodotto del
giornalismo giudiziario. Il giornalismo giudiziario – non tutto, certo, ma
quasi tutto – è assolutamente eterodiretto. E, per definizione, privo di
indipendenza. E dunque non è più giornalismo.
La
gigantesca opera di reticenza di questi giorni dimostra che le cose stanno
esattamente così. Che il giornalismo in Italia non esiste più. Che
giornalistopoli esiste, è forte, e non ha nemici. Dunque non sarà stroncata. E
magistratopoli regge e non si sgretola proprio perché è sostenuta da
giornalistopoli. Se poi vi aspettate che qualche giornale o qualche Tv vi
racconti queste cose, siete proprio ingenui. L’informazione, quasi tutta, ormai
è agli ordini del Fatto.
Fonte: Il Riformista / di Piero
Sansonetti — 22 Maggio 2020
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