Uno strano sequestro di persona. Nel mentre era prigioniero
la moglie ebbe tre figli con l’amante. Al ritorno si mise con un’altra donna e
procreò anche lui tre figli. Pentito rivoleva la moglie indietro…Un vicenda
boccaccesca
accaduta nel 1952 tra Sparanise e Poggiomarino
Sparanise - I
fatti iniziavano con la denuncia da parte dei carabinieri di Striano che
segnalavano al Pretore di Pompei, Giovanni
Sorvillo per minacce con pistola nei confronti della propria moglie Maria Ferrara e contro tale Michele Alfano. I rappresentanti della
fedelissima evidenziarono che l’Alfano, il 20 luglio del 1952, si era
presentato in caserma ad aveva asserito che mentre faceva ritorno dalla
campagna su di un carretto trainato da un cavallo e con lui vi era la Maria
Ferrara (con lui convivente more uxorio
da circa 11 anni) il Sorvillo, marito della Ferrara, armato di pistola automatica
Beretta intimò il fermo del carretto e con l’arma fra le mani ingiunse alla
moglie di scendere dal veicolo. La donna, però, si oppose ed esso Alfano chiese
spiegazioni se non che il Sorvillo minacciò entrambi con la pistola in pugno e
fece oggetto di minacce anche contro tale Sebastiano
Gragnaniello, il quale, avendo assistito alla scena tentò di fare da
paciere. La Ferrara confermò tutte le asserzioni dell’Alfano. Nel prosieguo
delle indagini i carabinieri accertarono che prima della scoppio dell’ultima
guerra mondiale (1938-1945) la Ferrara aveva sposato il Sorvillo procreando
anche un figlio. Scoppiata la guerra il Sorvillo fu richiamato alle armi e
fatto prigioniero, mentre la Ferrara – anche perché trascurata dai familiari
del marito, per fame e carestia – si unì con l’Alfano con il quale, nel frattempo,
procreò altre 3 figli. A ritorno dalla prigionia il Sorvillo si unì con altra
donna con la quale procreò tre figli e che scacciò di casa alcune settimane
prima del 20 luglio del fatidico anno 1952, essendo venuto a conoscenza che la
sua amante se la intendeva con un altro uomo di San Valentino Torio. Rimasto
“solo” fece richiesta alla moglie di riunirsi con lui, ma ne ebbe risposta
negativa. A seguito della denuncia iniziava un processo penale a carico del
Sorvillo. Ma, primo colpi di scena sia la Ferrara che il Gragnaniello
ritrattarono le dichiarazioni rese ai carabinieri – escludendo che il Sorvillo
li avesse minacciati. Pertanto furono sottoposti a procedimento penale per
falsa testimonianza. Nel dicembre del 1952, qualche giorno prima di Natale, il
Sorvillo – con esposto presentato ai carabinieri di Striano – assumeva che la
moglie, dopo essersi riconciliata con lui lo aveva abbandonato nuovamente
andando a convivere con il vecchio amante Alfano e chiedeva la punizione dei
colpevoli per il reato di “relazione adulterina”. 6A seguito di ciò, veniva
iniziata l’azione penale contro la Ferrara per il delitto di violazione degli
obblighi di assistenza familiare e per quello di relazione adulterina e contro
l’Alfano per correità nel reato di relazione adulterina. Maria Ferrara in un
esposto presentato al Procuratore della Repubblica di Napoli il 10 febbraio del
1952, denunciava Giovanni Sorvillo, Antonio,
Donato e Biagio Ferrara, Emilio
Palmisciano e Francesco Fiore ed
assumeva che contrasse matrimonio col Sorvillo dalla cui unione nacque un
bambino. Nel 1940 il Sorvillo – a causa della guerra – fu richiamato alle armi,
ed ella, essendo rimasta sola ed abbandonata da tutti, strinse illecita
relazione con un suo concittadino a nome Michele
Alfano con il quale procreò quattro figlio di cui tre viventi. Nel 1946 il
marito ritornò dal servizio militare e la querelò per adulterio, ma di fronte
alla situazione di fatto rimise la querela e di accordo si separarono.
Da
tale epoca ella convisse more uxorio con l’Alfano ed il marito con altra donna
con la quale ebbe anche dei figli. Nell’estate del 1952 il Sorvillo ruppe la
sua relazione con l’amante e con il consenso dei fratelli di essa Ferrara a
nome Antonio, Biagio e Donato e del nipote Francesco, pretese che la stessa
abbandonasse l’Alfano ed i figli per riunirsi a lui. Nel luglio non essendo state
accolte le bonarie richieste, l’affrontò armato di rivoltella ingiungendole di
andare a convivere con lui. Essa sfuggì all’aggressione e denunciò il fatto ai
carabinieri di Striano per cui sorse procedimento penale per il reato di
minaccia. Fallito il primo tentativo, il Sorvillo ed i predetti Ferrara verso
le ore 20 del 14 settembre del 1952, la attesero nei pressi di Poggiomarino,
nel mentre si recava con l’Alfano verso Striano e la obbligarono ad abbandonare
quest’ultimo trascinandola a viva forza e dopo averla bastonata, in una
masseria di campagna denominata “Ciavaola”, in contrata Ponte dei Cani di
Poggiomarino, e quivi la rinchiusero in un basso di proprietà di un cognato di
Domenico Ferrara a nome Franco. Il giorno successivo, prima dell’alba, a viva
forza e quasi trascinata venne obbligata ad uscire ed a montare in un
automobile di proprietà di tale Emilio Palmegiano nella quale salirono anche i
fratelli, il Sorvillo e tale Francesco Fiore. Con tale mezzo fu condotta a
Sparanise nella casa di campagna di tale Antonio
Carbone, ove fu obbligata a restare per oltre venti giorni sotto la
continua sorveglianza e minaccia sia del marito che dei suoi germani.
Il ricatto con la
sottoscrizione delle cambiali a garanzia del ritorno a convivere con il marito…
altro che stalking! La fuga e la denuncia per sequestro di persona
Sparanise - Dopo
venti giorni per riottenere la libertà si impegnò ad andare a coabitare con il
proprio marito ed a garanzia di tale impegno la obbligarono a firmare effetti
cambiari per la somma di lire quattrocentomila (effetti cambiari riempiti di
pugno dall’autista Emilio Palmigiano). In detta circostanza le fui promesso che
se non si fosse più allontanata dal marito e non avesse denunziato il fatto gli
effetti non sarebbero stati mai messi in circolazione. Solo così potette
rientrare in Striano, andando a convivere con il Sorvillo il quale per circa
tre mesi la obbligò a restare presso di lui con continue minacce di morte. Nel
dicembre del 1952 essa potette in un momento in cui venne allentata la
sorveglianza – riconquistare la libertà e tornare presso i propri figli. Non
avrebbe voluto sporgere denuncia per non danneggiare i propri fratelli ma
poiché gli stessi aveva chiesto un sequestro conservativo della somma indicata
dalle cambiali ella fu costretta a denunciare il tutto. Dopo una serie di
conferme e di smentite si venne finanche a sapere che un fratello dell’amante
della donna era stato accusato tempo addietro di uxoricidio per cui il marito
temeva che sua moglie avesse fatto la stessa fine per mano dell’Alfano. Il
Giudice Istruttore del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rinviava al
giudizio della Corte di Assise tutti gli accusati per rispondere di estorsione,
minacce, sequestro di persona e porto abusivo di pistola. La Ferrara in
dibattimento si costituiva parte civile. Sorsero questioni contrastanti. Non
era stata un ricatto la firma delle cambiali bensì un prestito alla donna per
fittare una masseria a Sparanise. La donna invece insisteva nella sua versione
e precisava che i fratelli ed il marito le strapparono anche gli indumenti
all’atto del sequestro e che la condussero nella masseria di Sparanise con la
forza ed arrivano soltanto all’alba alla casa del Carbone. Terminata l’assunzione delle prove la difesa
di parte civile chiese la condanna degli imputati; il pubblico ministero
concluse chiedendo la condanna con la concessione delle attenuanti generiche
per i delitti di estorsione e sequestro di persona. I difensori chiesero
l’assoluzione con formula piena o quantomeno per insufficienza di prove. I
giudici nelle loro motivazioni evidenziarono che non era verosimile che la
Ferrara – la quale non sentiva alcuna attrattiva per il marito – come è
dimostrato dal fatto che convisse con lui solo per breve tempo – ritornando
dall’amante al quale si sentiva irresistibilmente legata sia discesa dal
carretto sul quale si trovava con l’Alfano di sua iniziativa ed abbia scambiato
parole con il coniuge decidendosi di abbandonare i l’amante. E’ poi sintomatico
il comportamento del Sorvillo – stigmatizzarono i giudici nella loro decisione
– in quanto egli lasciata la moglie nel momento in cui avrebbe dovuto essergli
vicino si rese irreperibile. La verità e che egli essendo rimasto solo per
avere scacciato di casa l’amante che lo tradiva ed avendo bisogno
dell’assistenza anche per il figlio nato dall’unione con la Ferrara inviò
richiesta di conciliazione a costei e non essendo le stesse state accolte
decise di ricorrere alla minacce cosa che fece.
La Corte di Assise condannò tutti per
sequestro di persona, minacce ed estorsione a svariati anni di reclusione
Santa Maria Capua Vetere - Giovanni Sorvillo, di anni 34 da
Sparanise, Antonio Ferrara, di anni
30, Donato Ferrara, di anni 40, Biagio Ferrara, di anni 18 e Francesco Fiore, di anni 27, tutti da
Striano e Emilio Palmisciano, di
anni 24 da Poggiomarino, furono accusati, i primi tre, di estorsione aggravata,
(per avere in più persone riunite, costretto mediante minacce, Maria Ferrara a
firmare due cambiali da lire 200mila ciascuna, in Sparanise, un giorno
imprecisato dell’ottobre del 1952);
tutti nel delitto di sequestro di persona per avere privato Maria Ferrara, moglie di Giovanni Sorvillo, della libertà
personale. In agro di Sparanise, Poggiomarino e Striano, dal 14 settembre ai
primi di ottobre del 1952. Inoltre erano accusati di detenzione e porto di
pistola abusivo. La Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere ( Eduardo Cilento, presidente; Guido Tavassi, giudice a latere; Adriano De Filippo, pubblico
ministero), condannò Biagio Ferrara a mesi 10 di reclusione (partendo da anni
uno e mesi due ed applicando la riduzione di mesi 4 per le attenuanti
generiche); Emilio Palmisciano e Francesco Fiore, anni 1 e mesi 2 di reclusione
per ciascuno; Donato Ferrara, per estorsione ad anni 5 oltre ad anni 1 e mesi 6 per il sequestro di persona;
Giovanni Sorvillo, ad anni 4 per l’estorsione e anni 1 e mesi 2 per il
sequestro di persona; Antonio Ferrara, anni 4 oltre anni 2 per il sequestro di
persona. Nel processo furono impegnati
gli avvocati: Luciano Pesce, Alfonso
Martucci, Renato Pecoraro, Ciro Capaldo, Stanislao Ventriglia e Andrea
Della Pietra.
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