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lunedì 1 giugno 2020






Uno strano sequestro di persona. Nel mentre era prigioniero la moglie ebbe tre figli con l’amante. Al ritorno si mise con un’altra donna e procreò anche lui tre figli. Pentito rivoleva la moglie indietro…Un vicenda boccaccesca
accaduta nel 1952 tra Sparanise e Poggiomarino






Sparanise - I fatti iniziavano con la denuncia da parte dei carabinieri di Striano che segnalavano al Pretore di Pompei, Giovanni Sorvillo per minacce con pistola nei confronti della propria moglie Maria Ferrara e contro tale Michele Alfano. I rappresentanti della fedelissima evidenziarono che l’Alfano, il 20 luglio del 1952, si era presentato in caserma ad aveva asserito che mentre faceva ritorno dalla campagna su di un carretto trainato da un cavallo e con lui vi era la Maria Ferrara (con lui convivente more uxorio da circa 11 anni) il Sorvillo, marito della Ferrara, armato di pistola automatica Beretta intimò il fermo del carretto e con l’arma fra le mani ingiunse alla moglie di scendere dal veicolo. La donna, però, si oppose ed esso Alfano chiese spiegazioni se non che il Sorvillo minacciò entrambi con la pistola in pugno e fece oggetto di minacce anche contro tale Sebastiano Gragnaniello, il quale, avendo assistito alla scena tentò di fare da paciere. La Ferrara confermò tutte le asserzioni dell’Alfano. Nel prosieguo delle indagini i carabinieri accertarono che prima della scoppio dell’ultima guerra mondiale (1938-1945) la Ferrara aveva sposato il Sorvillo procreando anche un figlio. Scoppiata la guerra il Sorvillo fu richiamato alle armi e fatto prigioniero, mentre la Ferrara – anche perché trascurata dai familiari del marito, per fame e carestia – si unì con l’Alfano con il quale, nel frattempo, procreò altre 3 figli. A ritorno dalla prigionia il Sorvillo si unì con altra donna con la quale procreò tre figli e che scacciò di casa alcune settimane prima del 20 luglio del fatidico anno 1952, essendo venuto a conoscenza che la sua amante se la intendeva con un altro uomo di San Valentino Torio. Rimasto “solo” fece richiesta alla moglie di riunirsi con lui, ma ne ebbe risposta negativa. A seguito della denuncia iniziava un processo penale a carico del Sorvillo. Ma, primo colpi di scena sia la Ferrara che il Gragnaniello ritrattarono le dichiarazioni rese ai carabinieri – escludendo che il Sorvillo li avesse minacciati. Pertanto furono sottoposti a procedimento penale per falsa testimonianza. Nel dicembre del 1952, qualche giorno prima di Natale, il Sorvillo – con esposto presentato ai carabinieri di Striano – assumeva che la moglie, dopo essersi riconciliata con lui lo aveva abbandonato nuovamente andando a convivere con il vecchio amante Alfano e chiedeva la punizione dei colpevoli per il reato di “relazione adulterina”. 6A seguito di ciò, veniva iniziata l’azione penale contro la Ferrara per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare e per quello di relazione adulterina e contro l’Alfano per correità nel reato di relazione adulterina. Maria Ferrara in un esposto presentato al Procuratore della Repubblica di Napoli il 10 febbraio del 1952, denunciava Giovanni Sorvillo, Antonio, Donato e Biagio Ferrara, Emilio Palmisciano e Francesco Fiore ed assumeva che contrasse matrimonio col Sorvillo dalla cui unione nacque un bambino. Nel 1940 il Sorvillo – a causa della guerra – fu richiamato alle armi, ed ella, essendo rimasta sola ed abbandonata da tutti, strinse illecita relazione con un suo concittadino a nome Michele Alfano con il quale procreò quattro figlio di cui tre viventi. Nel 1946 il marito ritornò dal servizio militare e la querelò per adulterio, ma di fronte alla situazione di fatto rimise la querela e di accordo si separarono.
Da tale epoca ella convisse more uxorio con l’Alfano ed il marito con altra donna con la quale ebbe anche dei figli. Nell’estate del 1952 il Sorvillo ruppe la sua relazione con l’amante e con il consenso dei fratelli di essa Ferrara a nome Antonio, Biagio e Donato e del nipote Francesco, pretese che la stessa abbandonasse l’Alfano ed i figli per riunirsi a lui. Nel luglio non essendo state accolte le bonarie richieste, l’affrontò armato di rivoltella ingiungendole di andare a convivere con lui. Essa sfuggì all’aggressione e denunciò il fatto ai carabinieri di Striano per cui sorse procedimento penale per il reato di minaccia. Fallito il primo tentativo, il Sorvillo ed i predetti Ferrara verso le ore 20 del 14 settembre del 1952, la attesero nei pressi di Poggiomarino, nel mentre si recava con l’Alfano verso Striano e la obbligarono ad abbandonare quest’ultimo trascinandola a viva forza e dopo averla bastonata, in una masseria di campagna denominata “Ciavaola”, in contrata Ponte dei Cani di Poggiomarino, e quivi la rinchiusero in un basso di proprietà di un cognato di Domenico Ferrara a nome Franco. Il giorno successivo, prima dell’alba, a viva forza e quasi trascinata venne obbligata ad uscire ed a montare in un automobile di proprietà di tale Emilio Palmegiano nella quale salirono anche i fratelli, il Sorvillo e tale Francesco Fiore. Con tale mezzo fu condotta a Sparanise nella casa di campagna di tale Antonio Carbone, ove fu obbligata a restare per oltre venti giorni sotto la continua sorveglianza e minaccia sia del marito che dei suoi germani. 

Il ricatto con la sottoscrizione delle cambiali a garanzia del ritorno a convivere con il marito… altro che stalking! La fuga e la denuncia per sequestro di persona


Sparanise - Dopo venti giorni per riottenere la libertà si impegnò ad andare a coabitare con il proprio marito ed a garanzia di tale impegno la obbligarono a firmare effetti cambiari per la somma di lire quattrocentomila (effetti cambiari riempiti di pugno dall’autista Emilio Palmigiano). In detta circostanza le fui promesso che se non si fosse più allontanata dal marito e non avesse denunziato il fatto gli effetti non sarebbero stati mai messi in circolazione. Solo così potette rientrare in Striano, andando a convivere con il Sorvillo il quale per circa tre mesi la obbligò a restare presso di lui con continue minacce di morte. Nel dicembre del 1952 essa potette in un momento in cui venne allentata la sorveglianza – riconquistare la libertà e tornare presso i propri figli. Non avrebbe voluto sporgere denuncia per non danneggiare i propri fratelli ma poiché gli stessi aveva chiesto un sequestro conservativo della somma indicata dalle cambiali ella fu costretta a denunciare il tutto. Dopo una serie di conferme e di smentite si venne finanche a sapere che un fratello dell’amante della donna era stato accusato tempo addietro di uxoricidio per cui il marito temeva che sua moglie avesse fatto la stessa fine per mano dell’Alfano. Il Giudice Istruttore del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rinviava al giudizio della Corte di Assise tutti gli accusati per rispondere di estorsione, minacce, sequestro di persona e porto abusivo di pistola. La Ferrara in dibattimento si costituiva parte civile. Sorsero questioni contrastanti. Non era stata un ricatto la firma delle cambiali bensì un prestito alla donna per fittare una masseria a Sparanise. La donna invece insisteva nella sua versione e precisava che i fratelli ed il marito le strapparono anche gli indumenti all’atto del sequestro e che la condussero nella masseria di Sparanise con la forza ed arrivano soltanto all’alba alla casa del Carbone.  Terminata l’assunzione delle prove la difesa di parte civile chiese la condanna degli imputati; il pubblico ministero concluse chiedendo la condanna con la concessione delle attenuanti generiche per i delitti di estorsione e sequestro di persona. I difensori chiesero l’assoluzione con formula piena o quantomeno per insufficienza di prove. I giudici nelle loro motivazioni evidenziarono che non era verosimile che la Ferrara – la quale non sentiva alcuna attrattiva per il marito – come è dimostrato dal fatto che convisse con lui solo per breve tempo – ritornando dall’amante al quale si sentiva irresistibilmente legata sia discesa dal carretto sul quale si trovava con l’Alfano di sua iniziativa ed abbia scambiato parole con il coniuge decidendosi di abbandonare i l’amante. E’ poi sintomatico il comportamento del Sorvillo – stigmatizzarono i giudici nella loro decisione – in quanto egli lasciata la moglie nel momento in cui avrebbe dovuto essergli vicino si rese irreperibile. La verità e che egli essendo rimasto solo per avere scacciato di casa l’amante che lo tradiva ed avendo bisogno dell’assistenza anche per il figlio nato dall’unione con la Ferrara inviò richiesta di conciliazione a costei e non essendo le stesse state accolte decise di ricorrere alla minacce cosa che fece.



La Corte di Assise condannò tutti per sequestro di persona, minacce ed estorsione a svariati anni di reclusione


Santa Maria Capua Vetere - Giovanni Sorvillo, di anni 34 da Sparanise, Antonio Ferrara, di anni 30, Donato Ferrara, di anni 40, Biagio Ferrara, di anni 18 e Francesco Fiore, di anni 27, tutti da Striano e Emilio Palmisciano, di anni 24 da Poggiomarino, furono accusati, i primi tre, di estorsione aggravata, (per avere in più persone riunite, costretto mediante minacce, Maria Ferrara a firmare due cambiali da lire 200mila ciascuna, in Sparanise, un giorno imprecisato dell’ottobre del 1952);  tutti nel delitto di sequestro di persona per  avere privato Maria Ferrara, moglie di Giovanni Sorvillo, della libertà personale. In agro di Sparanise, Poggiomarino e Striano, dal 14 settembre ai primi di ottobre del 1952. Inoltre erano accusati di detenzione e porto di pistola abusivo. La Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere ( Eduardo Cilento, presidente; Guido Tavassi, giudice a latere; Adriano De Filippo, pubblico ministero), condannò Biagio Ferrara a mesi 10 di reclusione (partendo da anni uno e mesi due ed applicando la riduzione di mesi 4 per le attenuanti generiche); Emilio Palmisciano e Francesco Fiore, anni 1 e mesi 2 di reclusione per ciascuno; Donato Ferrara, per estorsione ad anni 5  oltre ad anni 1 e mesi 6 per il sequestro di persona; Giovanni Sorvillo, ad anni 4 per l’estorsione e anni 1 e mesi 2 per il sequestro di persona; Antonio Ferrara, anni 4 oltre anni 2 per il sequestro di persona.  Nel processo furono impegnati gli  avvocati: Luciano Pesce, Alfonso Martucci, Renato Pecoraro, Ciro Capaldo, Stanislao Ventriglia e Andrea Della Pietra.






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