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domenica 29 luglio 2012


 

Accadde ad Alvignano a gennaio del 1950

PADRE E FIGLIO ASSOLTI IN APPELLO  DOPO AVERE SCONTATO UNDICI ANNI DI CARCERE –ANNULLATA LA CONDANNA ALL’ERGASTOLO

Erano accusati di aver sterminato una  famiglia di 4 persone per motivi di interesse


Padre e figlio assolti in appello a Napoli dopo avere scontato undici anni di carcere. Viva impressione ha suscitato  negli ambienti forensi la sentenza dell'Assise di  Appello che ha assolto, sia pure con formula dubitativa due contadini (padre e figlio) di Alvignano  in provincia di Caserta, Antonio e Giuseppe Visca, già condannati,  il primo all'ergastolo e l'altro a 30 anni e arrestati agli inizi del gennaio 1950: ciò significa - in base alla nuova decisione dei giudici di secondo grado - che entrambi hanno scontato ben 11 anni di carcere pur essendo -secondo il  giudicato, innocenti.
      L'atroce delitto di cui  erano imputati,  accadde il 1° gennaio del 1950 a “Selvapiana”, una  borgata solitaria di Alvignano. In un bosco vennero trovati orrendamente seviziati i cadaveri di una intera famiglia  di  contadini che furono identificati per  Concetta e Maria Carmela Paolino e di due bambini, Ferdinando e Giuseppina, figli  di Maria Carmela.
     Le indagini portarono alla immediata incriminazione dei Visca in base ad una logica causale e a numerose impressionanti prove. Infatti le  sorelle Paolino avevano ceduto al Visca un loro terreno, riservandosi però l'usufrutto, che avrebbe dovuto essere pagato ad esse e -  in caso di morte per almeno due decenni - ai figlioli di Maria Carmela.
     Era dunque evidente - ragionarono gli indagatori - che i Visca, con il  loro massacro, avessero voluto liberarsi dell'obbligo di sborsare per decenni e decenni la somma pattuita. Le prove, poi, furono numerose e gravissime.  In casa dei Visca venne trovata una baionetta fatto questo di notevole importanza considerando che,  come dissero i periti,  numerose ferite erano state causate dall’uso di un'arma bianca. Venne pure trovato un moschetto militare che, secondo gli esperti, era stato usato da poco.
     Ed inoltre i bossoli dei proiettili repertati sul prato del bosco avevano il calibro coincidente con quello del “91”( il famoso fucile dei soldati italiani della prima grande Guerra ).  Ma altre inconfutabili prove si scoprirono per il rinvenimento di alcune  camicie inzuppate di sangue. L'esame ematologico accertò che il “gruppo” era lo stesso delle vittime.
     Tuttavia, secondo i difensori, sarebbe occorso molto meno per convincere la Corte di  Assise di Santa Maria Capua Vetere,  ove fu discusso il primo processo,  a dare l'ergastolo ad Antonio Visca. II figlio. Giuseppe, invece, in base alle  “attenuanti generiche” ebbe solamente trenta anni.
     Bisogna poi aggiungere che Antonio Visca confessò il suo delitto, di cui accusò anche la  moglie, durante la  fase istruttoria. Ma dopo undici anni,  nel  processo d'appello,  la situazione e apparve  completamente mutata. L’accusa alla moglie fu ritrattata già durante il dibattito alle Assise di S. Maria Capua Vetere  e i nuovi periti balistici  demolirono  quanto dissero i primi circa i calibri del proiettili. Un giudice durante l'istruttoria compi una terribile prova ordinando “che fosse introdotta nelle ferite da punta e taglio riscontrate sui quattro cadaveri la baionetta trovata in casa del Visca, esperimento che riuscì alla perfezione.
     Ma i periti medici del secondo processo  invece annullarono quell'esperimento provando che non aveva  nessun valore per la conferma dell’accusa. La sentenza che assolse i  due imputati in sede di Appello  è stata emanata dopo tre ore al camera di consiglio. Il Pubblico Ministero che aveva chiesto la condanna all’ergastolo del Visca padre e l'assoluzione “per insufficienza” del figlio,. presentò ricorso  per Cassazione. La Suprema Corte confermò il verdetto di secondo grado.

Accadde il 14 luglio del 1950

LA STRAGE DI UN MARITO TRADITO

Un carabiniere di Cancello Arnone uccise la moglie, la suocera e poi si suicidò


      Una terrificante tragedia della gelosia è avvenuta, questa sera, a Barra, piccolo borgo sulle pendici del Vesuvio Ne è stato protagonista principale il carabiniere  Raffaele Ambrosanio, di 37 anni, addetto alla stazione di Cancello Arnone  e dimorante a Barra con la moglie, la 27enne Luisa Di Gaeta, e con la suocera. Rosa Gianniniello, di 65 anni. Essi vivevano in condizioni tutt'altro che floride in una sola cameretta alla periferia del paese, e precisamente nel palazzo segnato col numero 20 di via Ciccarelli.
     Evidentemente la moglie del carabiniere per necessità o per altri motivi, pare non sia stata fedele al marito, costretto spesso a rimanere lontano dalla famiglia per motivi di servizio. Avendo avuto il militare, forse oggi stesso, la prova fondata del tradimento, ha deciso di compiere una feroce vendetta. Infatti, poco dopo le 20 una serie di detonazioni e strazianti grida di dolore hanno turbato l'abituale quiete del caseggiato. Dopo i primi momenti di perplessità sono accorsi verso l'abitazione del carabiniere alcuni vicini, i quali si sono trovati di fronte a un impressionante spettacolo.
     Nella piccola camera, dove si notava molto disordine, giacevano in un lago di sangue tre cadaveri, e cioè quelli dei componenti la famiglia Ambrosanio, colpiti tutti da proiettili d'arma da fuoco. La mano rattrappita del carabiniere stringeva ancora la pistola omicida. Si ritiene, almeno dalla prima ricostruzione del dramma che il  militare, dopo avere rimproverato alla moglie la deplorevole condotta tenuta, abbia sparato addosso alla disgraziata, facendo fuoco successivamente sulla suocera, che era intervenuta per proteggere la figlia con il proprio corpo. Viste cadere le due donne, il carabiniere con la stessa arma si è ucciso abbattendosi accanto ai cadaveri delle sciagurate. Sul posto, oltre alla polizia e ai carabinieri del luogo, si è recato il  sostituto Procuratore Generale, dott. Luigi Capaldo, per le constatazioni di legge.


venerdì 27 luglio 2012

Concluse le indagini preliminari e fissata a NAPOLI per il 21 SETTEMBRE l’udienza PER IL “PAPIELLO” LETTO DALL’AVV. SANTONASTASO NEL CORSO DEL PROCESSO D’APPELLO SPARTACUS - PARTI LESE ROSARIA CAPACCHIONE E ROBERTO SAVIANO


.       Concluse le indagini preliminari e  fissata a NAPOLI  per  il 21 SETTEMBRE  

l’udienza PER IL “PAPIELLO” LETTO DALL’AVV. SANTONASTASO NEL CORSO DEL PROCESSO D’APPELLO SPARTACUS  -

PARTI LESE ROSARIA CAPACCHIONE E ROBERTO SAVIANO

Imputati anche  Francesco Bidognetti, Antonio  Iovine e l’avv. Carmine D’Aniello – Nel documento si ipotizzava un uso poco ortodosso dei pentiti e la spinta colpevolista degli articoli dei due giornalisti – A Roma l’altro troncone con parti lese i magistrati  Federico Cafiero De Raho e Raffaele Cantone. 




     Caserta –   II Gip della 6° Sezione del Tribunale di Napoli, Dottoressa Maria Vittoria Foschini  ( in seguito alla richiesta del P.M. della DdA Dr. Antonello Ardituro )   ha comunicato agli imputati Francesco Bidognetti,  detenuto  presso il penitenziario di Parma, difeso dall’avv. Elsa Cardone; Antonio Iovine,  detenuto a Nuoro, difeso dall’avv. Paolo Caterino;  all’avv.  Michele Santonastaso, detenuto a Secondigliano,   difeso di fiducia dall' avv. Laura Arena e Giuseppe Garofalo;  all’avv. Carmine D’Aniello,  difeso dagli avvocati Luigi Monaco e Mauro Valentino,    che si è conclusa la fase delle indagini preliminari ed  è stata fissata la  prima udienza per il 21 settembre prossimo.  






    Agli stessi è stato contestato,  in concorso tra loro,  il reato di calunnia ( aggravata dal metodo mafioso)   nei confronti dei magistrati Federico Cafiero De Raho e Raffaele Cantone,  il cui processo è fissato per lo stesso giorno a Roma, mentre il filone di Napoli  riguarda i due giornalisti e il reato contestato è quello della diffamazione.

     Il tutto trae origine dalla lettura di un documento “di remissione alla Corte di Cassazione“   letto dall’avv. Michele Santonastaso, difensore storico di vari boss, ora detenuto per altro, nel corso del giudizio di appello del famoso processo Spartacus.
     Una memoria che era stata definita una “vera e propria minaccia” nei confronti dei giornalisti  Rosaria Capacchione,  domiciliata presso la Questura di  Caserta,  ufficio del Gabinetto e Roberto Saviano, domiciliato presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma – Nucleo Scorte,  laddove sarebbero stati invece definiti semplicemente “stampa prezzolata”.  
    
     Con riferimento al P.M. Raffaele Cantone ( ora al Massimario della Cassazione ) i quattro  sarebbero accusati di aver sostenuto che vi sarebbero stati pesanti condizionamenti cui la DDA presso la Procura della Repubblica di Napoli sottopone i giudici della Corte di Appello di Napoli sostenendo tra l’altro  che: “E’ difficile trovare  nella storia giuridica italiana un esempio altrettanto grave ed evidente di condizionamento dell'organo giudicante, avendo l'accusa tentato di predisporre l’animus del giudice alla stesura di una sentenza, facendo leva  su quel diffuso sentimento  di timore che serpeggiava  tra  i giudici a causa dell'ormai consolidato clima di sospetto e di dubbio abilmente alimentato nel corso degli anni”.  
    
     La prova viene offerta dalla requisitoria del P.M. dell’udienza del 28.11.03 dove si  tenta di imporre all’organo  giudicante       una condanna all’ergastolo.  L'imperativo invito rivolto all’organo giudicante dal PM: ”In questo  processo dovrà  essere scritto in modo chiaro questo dato”… è di una evidenza sconcertante. 
      




Tale frase viene definita nell'atto di remissione quale  dichiarazione di guerra” ed è  posta come una anticipazione di quello che poi sarebbe stata la  minaccia esplicita perpetrata nei confronti dei giudici della Corte di Assise di Appello ed anticipazione dell’articolo del quotidiano “Il Mattino”,  del 23.04.2004 in cui si pubblicava la notizia che il magistrato Pietro Lignola ( presidente della Corte di Assise di Napoli ) era stato sottoposto a procedimento disciplinare.

     “Tali condotte – è detto nell’accusa – vengono indicate come finalizzate al chiarissimo intento di  “delegittimare il giudice che non sposasse i teoremi precostituiti della Procura Distrettuale”. Un altro passo che sarebbe stato ritenuto diffamatorio sarebbe quello che riguarda il (pentito) Augusto La Torre.  Nella contestazione fatta all’avvocato Santonastaso è specificato il passo relativo alla “gestione” dei pentiti. In particolare è detto: ”Indicando l'introduzione del pentito Augusto La Torre nel processo Spartacus come “il punto più sconcertante toccato ( dagli inquirenti ) nel corso di questo procedimento, una nuova e potente arma da lanciare sul già arroventato ambiente del distretto di Corte di Appello di Napoli”. 

     Ed inoltre attribuendo all’affermazione del P.M. Cantone  “se la sono bevuta”, “l’intento di intimidire i giudice della Corte di Assise dì Appello cercando in tutti i modi di ridicolizzare una loro coraggiosa decisione”, comportamento che, sempre secondo i remittenti, “ si inserisce in un torbido disegno  criminosi volto a destabilizzare, con le armi del sospetto e delle tendenziose insinuazioni, la serenità e la obiettività del giudizio della Magistratura Giudicante.
    
     Ed inoltre, qualificando nell’atto di remissione illegittime le condotte dei P.M. della DDA di Napoli e del Dr. Cantone in particolare con le frasi: “Legalità, valore calpestato, da chi ha fatto del proprio  ufficio  e dell'immenso potere che ne deriva,  degli strumenti efficacissimi per il perseguimento dell’ideale di machiavellica memoria del fine giustifica il mezzo”.

     Poi all’avvocato Santonastaso,  e ai due boss,  Bidognetti e Iovine è contestato anche la diffamazione per quanto attiene al falso alibi di La Torre ( per il duplice delitto Luciano Rosselli e Salvatore Riccardi,  avvenuto nel marzo del 1990 N.d.R. )  “affermando circa la vicenda dal falso alibi del pentito Angusto La Torre,  in ordine  all’omicidio Rosselli –Riccardi e quindi, circa l'approfondimento investigativo del PM Cantone, in merito all'episodio ed alle relative domande al pentito; “Il  P.M. anziché limitarsi ad ascoltare  le propalazioni accusatorie del La Torre, pone domande su argomenti  fino ad allora mai riferiti dal pentito… l' intento del PM di forzare  le dichiarazioni del La Torre cercando    in tutti i modi di  fargli  proferire accuse che in realtà  non appartengono  alla sfera conoscitiva del collaboratore”…  L’Organo Inquirente resosi conto che il La Torre proprio non  riesce a percepire l’intento  cripto, onde evitare che vengano verbalizzate verità poco convenienti per i fini dell'accusa, rimanda ad un interrogatorio successivo … aggiungendo…  “ed infatti nelle successive dichiarazioni  rese dal  La Torre al PM il collaboratore introduce particolari  assolutamente nuovi e  sconvolgenti rispetto alla ricostruzione del 21.2.2003”;  dichiarazioni che sarebbero state indotte a seguito dell'interrogatorio del 20.9.2003.

     Concludendo e commentando in proposito che si sarebbe in presenza di “un caso cristallino di plagio probatorio”.  E in ordine al sopraggiunto recupero dei ricordi da parte del pentito, commentando: ”oppure è più probabile che questo  apparentemente inspiegabile recupero di ricordi sia dovuto al malizioso suggerimento di un quidam”.

     Ed ancora… “Definendo la richiesta di trasmissione degli atti in   Procura avanzata  dal P.M.  Raffaele Cantone a conclusione dell’udienza del 29.4.2003, nel corso della quale  il pentito La Torre coinvolgeva l'avvocato Santonastaso  nel suo falso alibi di cui sopra, “una minaccia nei confronti del difensore". “Commentando una presunta comunicazione telefonica tra  il PM Cantone e il collaborante La Torre, definito amico  del PM, avvenuta al termine dell’udienza del 29.4.2003.

   A proposito poi della risonanza  data  dalla stampa alla vicenda del coinvolgimento dell'avvocato  nella costruzione del falso alibi viene definita “quale  machiavellica  mossa”  del PM che  “aveva come unico scopo quello di  alimentare con gli strumenti  del sospetto e della tendenziosa insinuazione, la pressione gravante sulle spalle della magistratura del distretto”...  sostenendo falsamente che il magistrato coltivava  rapporti con la stampa perché alla  “ricerca di pubblicità”.

     Con riferimento al PM dr.  Federico Cafiero  de Raho,  commentando, una lettera inviata dalla pentita Adriana  Rambone al presidente del  Tribunale  di Santa  Maria Capua Vetere,  in cui sono  lamentate delle omissioni, con la  frase: “Il colloquio telefonico intercettato tra il collaboratore di giustizia Giuseppe Pagano e Carmine Schiavone: Schiavone nella predetta intercettazione confida a Pagano “di aver ricevuto un proponimento per accusare Silvio Berlusconi dal comportamento avuto dai magistrati napoletani e ne fa un nome Cafiero”…Dal contenuto effettivo della intercettazione il P.M. di questa accusa rileva invece che  “emerge il contrario e cioè una correttezza del magistrato  nel gestire i pentiti”.
    
      

giovedì 26 luglio 2012

L’8° Sezione del Tribunale della Libertà ha negato le scarcerazioni per medici, bancari, figuranti e avvocati di Sessa Aurunca -


                                                        
L’8° Sezione del Tribunale della  Libertà  ha negato  le scarcerazioni per medici, bancari, figuranti e avvocati di Sessa Aurunca -

In sede di interrogatorio di garanzia quasi  tutti,   però,  si  erano avvalsi della facoltà  di non rispondere. Confermato in pieno  dal Gip Baldassarre l’impianto accusatorio. Preannunciato dai difensori – appena saranno depositate le motivazioni – ricorso per Cassazione -

FERDINANDO TERLIZZI  - ferdinandoterlizzi@gmail.com

     Sessa Aurunca -   L’8° Sezione el Tribunale della Libertà di Napoli ha rigettato tutte le richieste dei difensori che avevano prospettato   - per i loro assistiti – misure cautelari “meno afflittive”.  Invece chi è in carcere vi rimane e che è agli arresti domiciliari deve attendere tempi migliori. 
     Intanto gli avvocati Camillo Irace, Luigi Iannettone,  Mario Sciarretta,  Gianluca Di Matteo e Luigi Imperato che difendono avvocati, medici, bancari e figuranti del   cosiddetto gruppo di   Sessa Aurunca,  hanno preannunciato ricorso per Cassazione contro le decisioni del diniego della libertà per i loro assistiti.
     Sulla decisione negativa del Tribunale del Riesame – secondo un nostro modesto parare – ha influito molto l’atteggiamento di quasi tutto gli indagati che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e le valide motivazioni addotte dal Gip Baldassarre nella suo ordinanza di rigetto di ogni richiesta difensiva ( solo per coloro i quali, però, non hanno ammesso la loro responsabilità) 

 .  
     Gravissime sono le imputazioni per tutti gli accusati:  Michele  Buono,  Gennaro  Pizza,   Giancarlo Filippelli,  Luciano   Peluso,  . Fabrizio Sergio e Giuseppe Pastore,  che vanno dall’associazione a delinquere, al falso, alla truffa, al riciclaggio  e pur tuttavia gli avvocati difensori sono fiduciosi  per l’esame della Suprema Corte - specialmente alla stregua di quanto è emerso in sede di Riesame innanzi al  Tribunale Ordinario di Roma – Sezione per il  riesame dei provvedimenti restrittivi della Libertà personale  - nei confronti dei magistrati non togati  - Luigi Gerardo Bagni,   Carlo Papa e Umberto Della Rocca, tratti in arresto l’anno scorso poi scarcerati dal Riesame tutti  in servizio presso l’ufficio del G.d.P. di Sessa Aurunca,  accusati dallo stesso  collaboratore di giustizia della vicenda odierna.
    
     Il Riesame di Roma, infatti, riscontrò,    nelle  accuse del pentito Armando Martucci,  ( il quale, tra l’altro, ha accusato in altro processo,  anche l’avv. Michele Santonastaso ),   in un caso: “l’assenza di riscontri obiettivi”, e in un altro caso: “risultano però privi di riscontri esterni  riferibili ai fatti ed elementi concreti e specifici”. Insomma  questo Martucci,  nonostante le sue chiamate in correità sembra,  “non attendibile”. 

     Intanto, come detto, ha molto influito sul Tribunale della Libertà l’ordinanza emessa l’altro giorno dal Gip  Antonio Baldassarre il quale dopo gli interrogatori di garanzia - ha lanciato un vero e proprio monito contro tutti coloro i quali si sono avvalsi della facoltà di  "non rispondere" ( così come da noi prospettato in un precedente nostro intervento in merito )...  

    Scrive il Gip tra l'altro:  I lunghi ed articolati interrogatori di garanzia di cui in premessa, eseguiti nelle forme di legge alla presenza dei difensori di fiducia e previa illustrazione a ciascun indagato delle facoltà e degli obblighi di cui agli artt. 63 e ss. C.p.p., hanno offerto una ampia possibilità di verifica del contenuto dell'ordinanza cautelare e delle sue statuizioni, con riferimento alla complessa ipotesi accusatoria a carico degli stessi indagati, verifica che ha investito tanto le linee generali del fenomeno nel suo insieme e le singole imputazioni contestate, quanto le specifiche posizioni di ciascuno degli indagati e la loro partecipazione in relazione alle diverse imputazioni rispettivamente contestate.

     La stretta correlazione tra le diverse posizioni e tra gli indizi di reità relativi ai vari soggetti ha implicato la necessità che la presente rivalutazione complessiva di tutto il quadro cautelare avvenisse solo all'esito di tutti gli interrogatori, proprio perché - come non hanno mancato di rilevare le difese - all'interno della fattispecie  associativa – nel suo·complessò, costruita dalla Procura in  una contestazione unitaria -  in"realtà era comunque possibile ravvisare l'esistenza di alcuni sottogruppi, di cui s'è dato ampio riferimento già nell' ordinanza, i quali si erano coagulati intorno a soggetti pur rimanendo ferme alcune  figure   che hanno interessato trasversalmente le attività degli  stessi diversi sottogruppi; tali figure sono state dapprima il filo conduttore delle varie attività di indagine e poi il collante tra le imputazioni.

     Ne è emersa un'ampia conferma sia dell'ipotesi accusatoria nel suo complesso - la quale, lungi dal configurarsi come una dissertazione sociologica, come elegantemente sostenuto da alcuni difensori, è risultata confermata nei suoi presupposti di fatto e di diritto - sia delle singole imputazioni che costituiscono titolo cautelare.

      Per quanto concerne il delitto di associazione per delinquere, invero, deve dissentirsi dalla tesi secondo cui la partecipazione ai vari delitti da parte dei singoli indagati, era stata isolata, pulviscolare o autonoma,come è stata definita nelle varie discussioni dei difensori, poiché come si è ampiamente illustrato nell' ordinanza, le fattispecie in questione postulavano necessariamente e inevitabilmente la condivisione di una serie di  passaggi necessariamente plurisoggettivi, inderogabilmente collegati alle singole professionalità e  competenze è che richiedevano in maniera inevitabile di potere contare in via continuativa e stabile sulla disponibilità degli altri  sodali.

     Anche coloro che sono  apparsi come dei battitori liberi infatti hanno avuto piena necessità di poter contare sulle altre figure necessarie per il completamento delle frode assicurative di cui si discute non potendo fuoriuscire  dalla sequenza che prevedeva quanto meno le seguenti figure: procacciatore/ medico del pronto soccorso/ medico di base specialista/ medico radiologo o ecografista/ avvocato oltre ad una  serie di figure accessorie variamente ricorrenti nei ruoli di figurante, proprietario dell'auto. Vittima, responsabile del sinistro etc. con la importante conseguenza che ciascuno di essi sapeva e non  poteva ignorare che il suo ruolo si inseriva e aveva senso solo se nella stretta correlazione con gli altri associati che è stata ampiamente descritta nell’ordinanza.

      Può discutersi, invero, se tutti i soggetti coinvolti fossero tra loro associati o se esistessero vari sottogruppi aventi autonoma qualità e qualìficazione di associazione per delinquere, ma questo non muta la sussistenza degli indizi cautelari sul delitto associativo così come attribuito nell' ordinanza. Su questi fatti gli indagati sono stati lungamente interrogati, in maniera diffusa e talvolta anche defatigante, come se taluni dei soggetti sentiti intendessero misurarsi in delle - francamente inutili -competizioni verbali e logiche, che - se da un lato potevano essere necessarie per comprendere la genuinità di alcune risposte e posizioni - in molti altri casi non hanno fatto che inasprire inutilmente il tono degli interrogatori di garanzia e portare fuori strada nella comprensione dei fatti.

     Come si è già detto – pur essendo possibile oggi alcuni distinguo -  e alcune variazioni  e pur dovendo comunque  rinviare al prosieguo delle indagini e eventualmente al vaglio dibattimentale per alcuni specifici  temi e questioni contestati dalle difese e dagli imputati, è possibile trarre  dal complessivo svolgimento degli interrogatori una sostanziale conferma dell'ipotesi investigativa.

      In primo luogo vanno sottolineate le ampie confessioni da parte di alcuni indagati, nonché le reiterate chiamate in correità da parte degli stessi. alle quali - invero - non hanno fatto seguito le pur attese e d’immaginabili dichiarazioni etero liberatorie che alcuni soggetti  specie quelli maggiormente gravati, bene avrebbero potuto rendere a vantaggio dei soggetti che per loro tramite erano stati coinvolti nei fatti reato in questione e - di conseguenza - nel presente procedimento.

     È il caso, ad esempio, del nucleo "napoletano" ruotante intorno a Clara Bondetti, il cui avvalersi dellafacoltà di non rispondere ha finito per influire anche sulla posizione degli indagati Vitale e soprattutto Stozzetti; oppure è il caso degli indagati collocabili nel sottogruppo impiantato nell'area di Sessa Aurunca. I quali  pure si sono quasi tutti avvalsi della facoltà di non rispondere (con la sola eccezione di Pastore, invero estremamente gravato da numerosi e incontrovertibili elementi di natura penale,  lavoristica,  amministrativa,    bancaria etc.);  il che ha impedito di acquisire i chiarimenti e le precisazioni che   ci si sarebbe potuti attendere dall'incrocio delle varie dichiarazioni e dalla verifica delle diverse posizioni.

     Con queste premesse generali, pur tenendo conto dei distinguo e delle riflessioni delle difese è possibile trarre la sintesi che segue, analiticamente riferita ai singoli indagati.

Per quanto concerne  Luciano Peluso, s'è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha prodotto documentazione che dimostra
 il suo rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze deIl'avv. Pizza, a riprova del suo ruolo in qualche modo subalterno rispetto a questi, il che riapre in qualche modo la questione inerente l'effettiva ripartizione degli utili dai delitti di cui lo stesso è accusato. Allo stato però, la sua posizione non può essere utilmente rivalutata, anche in attesa di preannunciati chiarimenti. Ogni istanza va dunque respinta.


 Gennaro Pizza, s'è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha fornito alcun elemento effettivo di  conoscenza. AlIo stato però,la sua posizione non  può essere utilmente rivalutata.  Non vi sono possibilità di rivalutazione o revisione del quadro cautelare  già espresso.

Giancarlo Filippelli: s'è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha fornito alcun elemento effettivo di -conoscenza. AlIo stato però,la sua posizione non  può essere utilmente rivalutata.  Non vi sono possibilità di rivalutazione o revisione del quadro cautelare  già espresso.

Fabrizio Sergio, s'è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha fornito alcun elemento effettivo di conoscenza. Allo stato però, la sua posizione non può essere utilmente rivalutata. Non vi sono  possibilità di rivalutazione o revisione del quadro cautelare già espresso.

Michele Buono: non ha offerto elementi di comprensione convincenti e concreti, che potessero giustificare la mancanza di consapevolezza da parte sua sulla utilizzazione dei certificati e dei referti disinvoltamente emessi. Non vi sono possibilità di rivalutazione o revisione del quadro cautelare già espresso,



 Giuseppe Pastore ha negato gli addebiti in modo del tutto inverosimile e contro ogni evidenza. I profili anche di rilievo extrapenale che lo riguardano sono numerosi e la spiegazione di quelle che sarebbero state le cautele assunte a suo tempo, quando lavorava in banca, s'è rivelata quasi ridicola. .Resta la misura di cui all’ordinanza . 



lunedì 23 luglio 2012

LA VICENDA DEI TOZZA TOZZA FASULLI IL RIESAME DI NAPOLI SI E’ RISERVATO IL GIP HA RIGETTATO TUTTE LE RICHIESTE DELLA DIFESA PER LA BANDA DI SESSA AURUNCA di Ferdinando Terlizzi




LA VICENDA DEI TOZZA TOZZA FASULLI
IL RIESAME DI NAPOLI SI E’ RISERVATO

IL GIP HA RIGETTATO TUTTE LE RICHIESTE DELLA DIFESA PER LA BANDA DI SESSA AURUNCA

di Ferdinando Terlizzi

Il Gip Antonio Baldassarre,  che ha emesso le ordinanze di custodia cautelare,  contro i personaggi coinvolti nei falsi incidenti automobilistici nei giorni scorsi,  ha siglato un ulteriore atto di accusa contro quasi tutti gli indiziati.

Nella sua ordinanza - per il rigetto o l'accoglimento delle richieste difensive - dopo gli interrogatori di garanzia - ha lanciato un vero e proprio monito contro tutti coloro i quali si sono avvalsi della facoltà di  "non rispondere" ( così come da noi prospettato in un precedente nostro intervento in merito )...  Scrive il Gip tra l'altro:  I lunghi ed articolati interrogatori di garanzia di cui in premessa, eseguiti nelle forme di legge alla presenza dei difensori di fiducia e previa illustrazione a ciascun indagato delle facoltà e degli obblighi di cui agli artt. 63 e ss. C.p.p., hanno offerto una ampia possibilità di verifica del contenuto dell'ordinanza cautelare e delle sue statuizioni, con riferimento alla complessa ipotesi accusatoria a carico degli stessi indagati, verifica che ha investito tanto le linee generali del fenomeno nel suo insieme e le singole imputazioni contestate, quanto le specifiche posizioni di ciascuno degli indagati e la loro partecipazione in relazione alle diverse imputazioni rispettivamente contestate.

La stretta correlazione tra le diverse posizioni e tra gli indizi di reità relativi ai vari soggetti ha implicato la necessità che la presente rivalutazione complessiva di tutto il quadro cautelare avvenisse solo all'esito di tutti gli interrogatori, proprio perché - come non hanno mancato di rilevare le difese - all'interno della fattispecie  associativa – nel suo·complessò, costruita dalla Procura in  una contestazione unitaria -  in"realtà era comunque possibile ravvisare l'esistenza di alcuni sottogruppi, di cui s'è dato ampio riferimento già nell' ordinanza, i quali si erano coagulati intorno a soggetti pur rimanendo ferme alcune  figure   che hanno interessato trasversalmente le attività degli  stessi diversi sottogruppi; tali figure sono state dapprima il filo conduttore delle varie attività di indagine e poi il collante tra le imputazioni.

Ne è emersa un'ampia conferma sia dell'ipotesi accusatoria nel suo complesso - la quale, lungi dal configurarsi come una dissertazione sociologica, come elegantemente sostenuto da alcuni difensori, è risultata confermata nei suoi presupposti di fatto e di diritto - sia delle singole imputazioni che costituiscono titolo cautelare.

Per quanto concerne il delitto di associazione per delinquere, invero, deve dissentirsi dalla tesi secondo cui la partecipazione ai vari delitti da parte dei singoli indagati, era stata isolata, pulviscolare o autonoma,come è stata definita nelle varie discussioni dei difensori, poiché come si è ampiamente illustrato nell' ordinanza, le fattispecie in questione postulavano necessariamente e inevitabilmente la condivisione di una serie di  passaggi necessariamente plurisoggettivi, inderogabilmente collegati alle singole professionalità e  competenze è che richiedevano in maniera inevitabile di potere contare in via continuativa e stabile sulla disponibilità degli altri  sodali.

Anche coloro che sono  apparsi come dei battitori liberi infatti hanno avuto piena necessità di poter contare sulle altre figure necessarie per il completamento delle frode assicurative di cui si discute non potendo fuoriuscire  dalla sequenza che prevedeva quanto meno le seguenti figure: procacciatore/ medico del pronto soccorso/ medico di base specialista/ medico radiologo o ecografista/ avvocato oltre ad una  serie di figure accessorie variamente ricorrenti nei ruoli di figurante, proprietario dell'auto. Vittima, responsabile del sinistro etc. con la importante conseguenza che ciascuno di essi sapeva e non  poteva ignorare che il suo ruolo si inseriva e aveva senso solo se nella stretta correlazione con gli altri associati che è stata ampiamente descritta nell’ordinanza.

Può discutersi, invero, se tutti i soggetti coinvolti fossero tra loro associati o se esistessero vari sottogruppi aventi autonoma qualità e qualìficazione di associazione per delinquere, ma questo non muta la sussistenza degli indizi cautelari sul delitto associativo così come attribuito nell' ordinanza.

Su questi fatti gli indagati sono stati lungamente interrogati, in maniera diffusa e talvolta anche defatigante, come se taluni dei soggetti sentiti intendessero misurarsi in delle - francamente inutili -competizioni verbali e logiche, che - se da un lato potevano essere necessarie per comprendere la genuinità di alcune risposte e posizioni - in molti altri casi non hanno fatto che inasprire inutilmente il tono degli interrogatori di garanzia e portare fuori strada nella comprensione dei fatti.

Come si è già detto – pur essendo possibile oggi alcuni distinguo -  e alcune variazioni  e pur dovendo comunque  rinviare al prosieguo delle indagini e eventualmente al vaglio dibattimentale per alcuni specifici  temi e questioni contestati dalle difese e dagli imputati, è possibile trarre  dal complessivo svolgimento degli interrogatori una sostanziale conferma dell'ipotesi investigativa.

In primo luogo vanno sottolineate le ampie confessioni da parte di alcuni indagati, nonché le reiterate chiamate in correità da parte degli stessi. alle quali - invero - non hanno fatto seguito le pur attese e d’immaginabili dichiarazioni etero liberatorie che alcuni soggetti  specie quelli maggiormente gravati, bene avrebbero potuto rendere a vantaggio dei soggetti che per loro tramite erano stati coinvolti nei fatti reato in questione e - di conseguenza - nel presente procedimento.

È il caso, ad esempio, del nucleo "napoletano" ruotante intorno a Clara Bondetti, il cui avvalersi dellafacoltà di non rispondere ha finito per influire anche sulla posizione degli indagati Vitale e soprattutto Stozzetti; oppure è il caso degli indagati collocabili nel sottogruppo impiantato nell'area di Sessa Aurunca. I quali  pure si sono quasi tutti avvalsi della facoltà di non rispondere (con la sola eccezione di Pastore, invero estremamente gravato da numerosi e incontrovertibili elementi di natura penale,  lavoristica,  amministrativa,    bancaria etc.);  il che ha impedito di acquisire i chiarimenti e le precisazioni che   ci si sarebbe potuti attendere dall'incrocio delle varie dichiarazioni e dalla verifica delle diverse posizioni.


Con queste premesse generali, pur tenendo conto dei distinguo e delle riflessioni delle difese è possibile trarre la sintesi che segue, analiticamente riferita ai singoli indagati.

Per quanto concerne  Luciano Peluso, s'è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha prodotto documentazione che dimostra il suo rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze deIl'avv. Pizza, a riprova del suo ruolo in qualche modo subalterno rispetto a questi, il che riapre in qualche modo la questione inerente l'effettiva ripartizione degli utili dai delitti di cui lo stesso è accusato. Allo stato però, la sua posizione non può essere utilmente rivalutata, anche in attesa di preannunciati chiarimenti. Ogni istanza va dunque respinta.


 Gennaro Pizza, s'è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha fornito alcun elemento effettivo di  conoscenza. AlIo stato però,la sua posizione non  può essere utilmente rivalutata.  Non vi sono possibilità di rivalutazione o revisione del quadro cautelare  già espresso.

Giancarlo Filippelli: s'è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha fornito alcun elemento effettivo di -conoscenza. AlIo stato però,la sua posizione non  può essere utilmente rivalutata.  Non vi sono possibilità di rivalutazione o revisione del quadro cautelare  già espresso.

Fabrizio Sergio, s'è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha fornito alcun elemento effettivo di conoscenza. Allo stato però, la sua posizione non può essere utilmente rivalutata. Non vi sono  possibilità di rivalutazione o revisione del quadro cautelare già espresso.

Michele Buono: non ha offerto elementi di comprensione convincenti e concreti, che potessero giustificare la mancanza di consapevolezza da parte sua sulla utilizzazione dei certificati e dei referti disinvoltamente emessi. Non vi sono possibilità di rivalutazione o revisione del quadro cautelare già espresso,



 Giuseppe Pastore ha negato gli addebiti in modo del tutto inverosimile e contro ogni evidenza. I profili anche di rilievo extrapenale che lo riguardano sono numerosi e la spiegazione di quelle che sarebbero state le cautele assunte a suo tempo, quando lavorava in banca, s'è rivelata quasi ridicola. Resta la misura di cui all’ordinanza.






Truffa sui falsi incidenti, il primario Belfiore inguaiato da altri due indagati


Sono stati revocati gli arresti per tre indagati nell’ambito dell’inchiesta sulle truffe alle assicurazioni auto in provincia di Caserta, indagine che l’ 11 luglio scorso ha portato all’emissione di 42 misure cautelari. Oggi, il gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Antonio Baldassarre, dopo gli interrogatori di garanzia, ha rimesso in liberta’ Carmine Sardaro, Luciano Curci e Francesco Russo, mentre ha concesso l’obbligo di dimora a Stanislao Di Bello, Vincenzo Schiavone, Aldo Garofali, Gaetano Battaglia, Franco Di Fabio, Carmine Angrisani, Giuseppe Sorrentino e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Concetta Becchimanzi. A Francesco Corvino (difeso dall’avvocato Rosario Avena), a Domenico Di Dona, Francesco Pacia e Francesco Panaro (difeso dall’avvocato Angelo Raucci) sono stati concessi gli arresti domiciliari. Resta, invece, agli arresti domiciliari il primario del reparto di Radiologia dell’ospedale civile San Sabastiano di Caserta, professor Giuseppe Belfiore, accusato di aver agevolato la prescrizione di falsi referti medici – nel centro Massa di Casagiove gestito dalla moglie – utilizzati poi per la richiesta di rimborso alle agenzie truffate. “La descrizione del suo ruolo defilato nella gestione del centro e all’oscuro di tutto – scrive il gip Baldassarre nel suo provvedimento – non e’ assolutamente credibile”. Belfiore aveva spiegato la sua posizione, lunedi’ scorso, respingendo per circa tre ore le accuse che gli erano state mosse. Ma il giudice scrive: “Il quadro indiziario a suo carico e’ risultato ampiamente aggravato non solo dalle nuove dichiarazioni di Dalena, ma anche da quelle di Di Caterino e Covino che hanno riferito di espliciti colloqui con il professor Belfiore sul conto del centro Massa”.













sabato 21 luglio 2012

Fissato per domani innanzi all’8° Sezione il Riesame per la libertà di medici e avvocati di Sessa Aurunca In sede di interrogatorio di garanzia quasi tutti, però, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere – Fiducia dei difensori per un esito favorevole – Assenza di riscontri obiettivi alle dichiarazioni del pentito Armando Martucci –



Fissato per domani innanzi all’8° Sezione  il 

Riesame per la libertà di medici e avvocati di 

Sessa Aurunca


In sede di interrogatorio di garanzia quasi  tutti,   

però,  si sono avvalsi della facoltà di non 

rispondere – Fiducia dei difensori per un esito 

favorevole – Assenza di riscontri obiettivi alle 

dichiarazioni del pentito Armando Martucci –


     Sessa Aurunca -  Sono stati fissati per domani, lunedì 23 luglio, innanzi all’Ottava Sezione del Tribunale della Libertà di Napoli,  gli interrogatori per il riesame delle posizioni ( se ricorrono o meno ancora motivi per la detenzione e se sono state osservate le regole processuali ) per tutti gli arrestati della zona di Sessa Aurunca: medici, avvocati, bancari, affaristi,  corrotti e  corruttori.  
     Gravissime sono le imputazioni per tutti gli accusati che vanno dall’associazione a delinquere, al falso, alla truffa, al riciclaggio  e pur tuttavia gli avvocati difensori (Camillo Irace, Luigi Iannettone,  Mario Sciarretta,  Gianluca Di Matteo e Luigi Imperato ) sono fiduciosi specialmente alla stregua di quanto è emerso in sede di Riesame innanzi al  Tribunale Ordinario di Roma – Sezione per il  riesame dei provvedimenti restrittivi della Libertà personale  - nei confronti dei magistrati non togati  - Luigi Gerardo Bagni,   Carlo Papa e Umberto Della Rocca, tratti in arresto l’anno scorso poi scarcerati dal Riesame tutti  in servizio presso l’ufficio del G.d.P. di Sessa Aurunca,  accusati dallo stesso  collaboratore di giustizia della vicenda odierna.
     Il Riesame di Roma, infatti, riscontrò,    nelle  accuse del pentito Armando Martucci,  ( il quale, tra l’altro, ha accusato in altro processo,  anche l’avv. Michele Santonastaso ),   in un caso: “l’assenza di riscontri obiettivi”, e in un altro caso: “risultano però privi di riscontri esterni  riferibili ai fatti ed elementi concreti e specifici”. Insomma  questo Martucci,  nonostante le sue chiamate in correità sembra,  “non attendibile”. 
     Nello specifico l’accusa  prospetta per  Michele  Buono,  Gennaro Pizza,   Giancarlo Filippelli e Luciano   Peluso,  la contestazione di truffa (  perché, al fine di commettere il delitto di truffa in danno di svariate compagnie assicurative - allo stato non procedibili per difetto di querela,  in qualità di medico dell’ospedale civico di Sessa Aurunca ( e quindi di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni), falsamente attestava di avere sottoposto a visita centinaia di persone, fra le quali alcune i cui certificati venivano utilizzati nei seguenti sinistri: Antonio  e Lorenza Brini,  contro  AXA ASSICURAZIONE;  Fernando   Capozio e  Antonio Cortani contro Emanuele Biondino e Fondiaria Sai;  Michelina D’Annolfo, contro Raffaele Bamundo e  Generali Assicurazioni;  Fabrizio Di Tanocontro Vincenzo Nunnari e Generali Assicurazioni;   Salvatore Cutolo contro Massino Noris Avolio  e Zurich Assicurazioni;   Caterina  Ricciardi contro Mauro Corbo e Allianz Toro Assicurazione;  Antonio e  Luciano  Montano  contro  Valentino  Rullo e Generali assicurazione;  Alfredo  Olibano contro  Luigi Esposito e  Llyoid Italico;  Giovanni Fava  e Velia  Fastoso  contro  Francesco Monaco;  Sonia  Zampi contro  Civita Palazzo e   Assicurazione Navale;   Giuseppe  e Mauro Di Cresce   contro  Annunziata  Tartaglione  e  Reale Mutua;  Vito Pimpinella  contro   Walter Forte  e  Augusta Assicurazione;  Carmine  Di Bernardo contro Comune Sessa Aurunca e  Ariscom Assicurazione; Monica  Gheorghe  contro  Dario Giottini Dario e  Nuova Tirrena Assicurazione;  Carmela  Verrengia contro Faiello Giovanni  Faiello e  Generali Assicurazione;  Francesco  Reca  contro  Valentino Rullo  Generali Assicurazione;  Angela Iacobucci contro Comune di Sessa  Auruunca con il concorso, a titolo di istigatori, per il Pizza, il Filippelli ed il Peluso. In Sessa Aurunca, fino al gennaio 2011.
     Ed inoltre per Michele Buono  perché, al fine di commettere il delitto di truffa in danno di svariate compagnie assicurative in qualità  di medico dell’ospedale civico di Sessa Aurunca  (e come tale di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni),  per compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio (costituiti nell’emettere i falsi certificati sopra descritti), riceveva da  Gennaro Pizza, da  Giancarlo Filippelli   e da  Luciano Peluso  somme di denaro pari a 200 euro per certificato oltre a varie regalie, quali gioielli ed orologi. In Sessa Aurunca, fino al gennaio 2011.   Con l’aggravante per  Pizza,  Filippelli  e   Peluso,  per avere  erogato le somme di denaro sopra indicate a Buono Michele come prezzo per l’attività contraria ai doveri di ufficio sopra descritta. 
     Le serrate indagini della  Fedelissima hanno accertato, inoltre, che la “banda”  di malfattori di Sessa Aurunca,  operava da tempo,  e che moltissimi sono i sinistri fasulli e quasi tutte le compagnia assicurative  ( a turno ) sono quelle truffate.  Al Dottor  Michele Buono  ( buono di nome ma non di fatto ) con la complicità degli avvocati:  Anna Tagliarina,  Fausto Ibello, Gennaro Pizza e Giancarlo Filippelli,   è stato contestato anche il reato di “falsità materiale commessa dal  pubblico ufficiale in atti publici”, perché, al fine di commettere il delitto di truffa in danno di varie compagnie di assicurazione, in qualità di medico specialista in ortopedia e traumatologia – dirigente ortopedico I° livello – dell’ospedale “San Rocco “ di Sessa Aurunca (e come tale di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni), con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, commesse anche in tempi diversi, nei certificati da lei redatti ed utilizzati   in molti sinistri.
    Al dott. Fabrizio Sergio,  in concorso con Pizza e Filippelli è stato contestato il reato di falsità ideologica in atto publico ( Artt. 476 e 479 C.P.)   perché, al fine di commettere il delitto di truffa in danno di svariate compagnie in qualità di medico dell’ospedale civico di Sessa Aurunca ( e quindi di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni), falsamente attestava di avere sottoposto a visita centinaia di persone, fra le quali alcune i cui certificati venivano utilizzati in molti sinistri.    
       Per le accuse contro l’impiegato della banca   Giuseppe Pastore,  che cambiava gli assegni il Gip scrive: “L’ultima posizione da passare in rassegna costituisce la dimostrazione della cura dimostrata dagli indagati nel coprire ogni rischio e ogni ipotesi nel prevenire o comunque fare fronte a qualsiasi difficoltà per la riuscita del meccanismo nel suo complesso.  S’è detto molte volte che – salvo i casi in cui fossero coinvolti come finti infortunati direttamente dei membri  del sodalizio criminale, nella maggior parte dei casi, invece le vittime dei sinistri e dunque gli attori nelle cause civili di risarcimento del danno erano dei semplici figuranti, dei prestanome assoldati per fingersi infortunati innanzi ai vari medici e eventualmente al CTU, ai quali era promesso per ciò solo un compenso fisso.
    
      “Qualche volta si trattava di persone che avevano avuto realmente un infortunio, magari domestico o sul lavoro e volevano farlo fruttare attraverso i vari faccendieri e procacciatori che costruivano intorno alle loro lesioni un finto incidente stradale. Tutto ciò comportava però che gli organizzatori del sinistro, i procacciatori e gli altri soggetti che lo avevano inventato lavoravano nell’ombra senza potere comparire all’esterno, così che al momento dell’esito vittorioso della lite o della transazione stragiudiziale, l’assegno emesso dalla compagnia di assicurazione veniva inevitabilmente intestato a colui che figurava come danneggiato ed attore, dunque al figurante che doveva poi riscuoterlo a suo nome oppure versarlo sul suo conto”.
     Ed ancora scrive il Gip: “Talvolta ciò era facile, poiché si trattava di persone compiacenti che sin da principio si organizzavano con i procacciatori per ripartire poi la somma ricevuta secondo i termini pattuiti; in qualche caso abbiamo visto che i procacciatori imponevano ai figuranti destinatari dell’assegno di consegnare loro una somma in contanti pari a quasi l’intero importo del titolo, dedotta la quota spettante al figurante, al quale poi veniva consegnato l’assegno perché andasse a incassarlo. Altre volte, però, questo non era possibile o conveniente, o perché del figurante si erano perse le tracce (abbiamo visto che ciò si manifestava in molte telefonate tra Di Caterino, la Migallo, Scalera e gli altri del suo gruppo, alla ricerca di come rintracciare i vari simulatori assoldati magari molto tempo prima), oppure perché gli stessi procacciatori sapevano bene di non potersi fidare di quella persona che, una volta portato all’incasso l’assegno poteva rifiutarsi di consegnarne agli organizzatori la maggior parte del controvalore”.
     “Per tutti questi casi – rimarca il Gip  Baldassarre -  dunque, era essenziale una figura come quella di  Giuseppe Pastore, dipendente della filiale della Cariparma con sede in C.so Lucilio di Sessa Aurunca, che fosse disponibile a cambiare l’assegno e farne incassare l’importo da parte di una persona differente da quella indicata come beneficiario. È di tutta evidenza che egli non fosse il solo a fare ciò per conto degli associati,a anche perché le altre indagini hanno dimostrato che – ad esempio – il gruppo Di Caterino avesse un proprio referente in una banca di Caiazzo e un altro a Caserta, dove lo stesso Di Caterino si recava con soddisfazione accompagnato da  Silvio Cardone.
      Tornando a Pastore va detto che il suo nome era stato fornito già dal collaboratore  Armando Martucci  nel corso del suo interrogatorio, nel quale aveva riferito tra le altre cose che “So che l’avv. Pizza conosceva un dipendente di banca, tale Pastore, che dovrebbe lavorare al Banco Ambrosiano Veneto, comunque alla banca che si trova di fronte alla SNAI al corso Lucilio di Sessa”. 
     La dichiarazione di Martucci, del resto, andava del resto a riscontrare un dato già conosciuto dalla polizia giudiziaria che aveva notato che nella parte posteriore di due assegni emessi dalle compagnie assicurative a titolo di risarcimento danni, era apposta la dicitura “Filippelli”, ed entrambi erano stati incassati ambedue presso la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza di Sessa Aurunca, in data 15 e 17 aprile 2009.   
     Orbene, trattandosi di assegni non trasferibili ricevuti dalle compagnie assicurative, intestati a persone diverse, per poterli versare era necessaria la compiacenza di un dipendente, che è stata poi  riscontrata e segnalata ulteriormente in maniera tecnicamente corretta e documentata sia dai responsabili della Cariparma, sia dalla stessa Banca d’Italia nella sua funzione di vigilanza, che hanno segnalato il tutto alla Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere, dove pendono appunto due procedimenti (individuati e indicati dallo stesso PM nella richiesta cautelare) con riferimento a una serie di comportamenti illeciti ad opera di alcuni dipendenti della filiale di Sessa Aurunca.
     La consultazione di quegli atti e dell’esposto che ne ha costituito l’avvio (che per altro contiene anche le copie degli assegni oggetto delle illecite negoziazioni e la documentazione utilizzata per effettuare le operazioni di cambio) è illuminante perché da esso emerge che il dipendente  Giuseppe Pastore  ha agevolato in modo arbitrario e senza alcuna autorizzazione, il cambio di assegni bancari non trasferibili tratti su conti di altri istituti bancari. 
     La documentazione bancaria in parola in particolare evidenzia che  Giuseppe Pastore  è contraddistinto dal numero di operatore 7143 e che è addetto allo sportello dell’attuale filiale Cariparma di Sessa Aurunca e che nelle date e nei giorni indicati nel prospetto allegato  agli atti  risulta aver effettuato  operazioni arbitrarie.
      Già una rapida e semplice scorsa a questo corposo elenco è illuminate, per via dei cognomi che compaiono nelle ultime due caselle più a destra: i beneficiari degli assegni, infatti, sono nomi noti di questa indagine, quelli di persone già viste appunto nel ruolo d figuranti e falsi infortunati, anche se in qualche caso presumibilmente si trattava di altri parenti o familiari di quelli coinvolti nel presente procedimento. I nomi annotati sulla distinta o sull’assegno, infine, sono molte volte quelli degli odierni indagati Filippelli, Peluso (in un caso annotato solo con il nome di battesimo di Luciano) oltre a  Vincenzo Ciprino, che non è coinvolto nel presente procedimento, ma sul conto del quale dalle dichiarazioni di Martucci sappiamo che si trattava del collettore dei rimborsi pagati al clan dagli avvocati   Giancarlo Filippelli e  Gennaro Pizza, quando ciò non avveniva appunto  tramite  Luciano Peluso, che il pentito Armando  Martucci definiva assistente di Pizza.