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mercoledì 30 novembre 2011

COLPO DI SCENA AL PROCESSO DELL’ AVV. MICHELE SANTONASTASO


LA DIFESA CONTESTA UNA ACCUSA “COPIA E INCOLLA” GIA’ ARCHIVIATA NEL 1995.  SAREBBERO NULLI TUTTI GLI ATTI ESEGUITI FINORA.

INTANTO IL PROFESSIONISTA E’ IN CARCERE DA OLTRE UN ANNO – PROSSIMA UDIENZA IL 7 DICEMBRE PER LA REPLICA DELLA DDA -

    S. Maria C.V. ( di Ferdinando Terlizzi )  E’ iniziato ieri  pomeriggio, innanzi  la  prima sezione penale del Tribunale di S. Maria C.V. ( Presidente Orazio Rossi, giudici Francesca Auriemma e Paola Cervo ), il dibattimento a carico dell’avvocato Michele Santonastaso  che risponde di 416 bis, e di corruzione,   insieme al perito Alberto Fichera ( difeso dall’avv. Bruno Von Arx )  e Francesco Bidognetti  – quest’ultimo detenuto in regime di 41 bis in video conferenza dal supercarcere di Parma -  difeso dagli avvocati Emilio Martino e Elsa Cardone e per l’occasione dall’avv. Nicola Filippelli. La pubblica accusa è stata sostenuta, questa volta, dalla Dottoressa Manuela Lucchetta della DDA di Napoli che ha chiesto un rinvio per interloquire alla richiesta della difesa.  
    In apertura di udienza l’avvocato Giuseppe Garofalo che difende il penalista casertano,  assieme agli avvocati Gaetano Pastore e Stefano Sorrentino ha sollevato una eccezione preliminare che,  se accolta potrebbe,  diametralmente ribaltare la situazione a favore di Santonastaso.
    Tuttavia, al termine delle richieste,  il Presidente del collegio ha fissato per il prossimo 7 dicembre ore 14 l’udienza per la replica della pubblica accusa,  mentre ha rinviato in prosieguo per il 16 dicembre l’udienza per sciogliere la riserva.
     Si tratta – secondo la difesa -  di una accusa all’avvocato Santonastaso,  che sarebbe già stata archiviata dalla stessa DdA negli anni 1995/1997 nell’ambito del processo Spartacus. La DdA avrebbe intentato un nuovo processo riportandosi integralmente alle vecchie contestazioni archiviate con l’aggiunta di qualche fatto nuovo. Secondo Garofalo ciò comporterebbe la decadenza assoluta di tutti gli atti provocando una nullità degli stessi.
      Nel corso del suo intervento il decano del Foro sammaritano ha invocato una sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Sezioni Unite Pres. Giuliani)ed ha chiarito che  la giurisprudenza di legittimità infatti in data 24 giugno 2010 – ha stabilito che la violazione dello schema previsto dall’art. 414 c.p.p. determina la mancanza di una condizione di procedibilità e non l’inutilizzabilità degli atti assunti successivamente al decreto di archiviazione.  “Ciò – ha sostenuto Garofalo –  determinerebbe il totale naufragio di questo processo”. Dopo una dotta disquisizione sulla qualifica del  “fatto” ha chiesto l’annullamento degli atti fin qui prodotti contro il suo assistito. Gli altri difensori si sono associati.
    In effetti al termine delle eccezioni è stata depositata una memoria  - con la quale si evidenzia  – il rifiuto del responsabile del registro generale notizie di Napoli di fornire un elenco cronologico delle notizie a carico dell’avvocato Michele Santonastaso impedendo,  con tale diniego,  la difesa del medesimo.
    Tra l’altro appare addirittura risibile la motivazione della negazione “respinge l’istanza sul presupposto della mancanza dell’interesse all’informazione”. La difesa, quindi si è trovata nella impossibilità di verificare il profilo di utilizzabilità degli atti delle indagini compiute dopo la scadenza del termine di legge.
    “La mancata conoscenza – ha spiegato l’avvocato Sorrentino – dell’esatta cronologia delle iscrizioni procedimentali a carico del Santonastaso ha determinato un “vulnus” difensivo in quanto non è possibile rilevare eventuali nullità degli atti delle indagini preliminari come previsto dal codice di rito”.
     Per quanto attiene invece alla accezione di completa nullità degli atti per violazione dell’art. 414 del codice di procedura penale – ha spiegato Giuseppe Garofalo – che dopo il provvedimento emesso il giudice avrebbe dovuto autorizzare con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivando come esigenza di nuove investigazioni. Tutto ciò non è stato fatto per Michele Santonastaso.
     Avvocati, giuristi, operatori del diritto, l’imputato e principalmente i suoi familiari ( la moglie e 4 figli ) attendono con il fiato sospeso il verdetto del Presidente Orazio Rossi ( che in Tribunale è ritenuto da molti un magistrato equanime e garantista ) fissato per l’udienza del 16 dicembre nel corso della quale scioglierà la riserva sulle eccezioni della difesa e la successiva replica della Pubblica Accusa che sarà prospettata nella udienza del 7 dicembre.





   









lunedì 28 novembre 2011

12° Appuntamento in Tribunale per il coordinatore del PDL prossima udienza 12 dicembre



 E’ proseguita la deposizione del cap. Starace del Noe. Citato il Prefetto Corrado Catenacci quale teste della DDA – Presente l’On. Casentino.

         
Santa Maria Capua Vertere – ( di Ferdinando Terlizzi ) -  Dodicesimo  appuntamento per l’On. Nicola Casentino,  presente ieri in aula. E’ stata una udienza assai intensa quella innanzi al Tribunale ( Prima Sezione Presidente Gianpaolo Guglielmo, giudici Luigi D’Angiolella e Tommaso Perrella, P.M.  Alessandro Milita ) per il processo a carico del Coordinatore Regionale del PDL, accusato di voti di scambio  e concorso esterno in associazione mafiosa,  assistito, come sempre   dagli avvocati  Prof. Agostino De Caro e Avv. Stefano Montone.  
     Addirittura il Collegio Giudicante si è dovuto anche sobbarcare – anticipando la chiusura dell’udienza Casentino –  un processo per direttissima che ha  visto un uomo di Castelvolturno giudicato – con i ferri ai polsi – per  tentativo di corruzione avendo offerto ad un carabiniere, che l’aveva fermato con l’assicurazione scaduta,  una banconota d 50 euro.
     L’udienza di ieri  era stata riservata alla conclusione della escussione del  capitano Pasquale Starace, ex comandante del nucleo Noe  di Roma,   che ha quasi completato la sua deposizione, mentre per la prossima udienza,  già fissata per il  12 dicembre,  sarà la volta del cap. Alessadro Pulcri  l’altro estensore della informativa di base,  che regge le sorti del Nucleo Centrale dei Carabinieri del Noe di Roma dal  settembre del 2009.
      Il Dr. Alessandro Milita della DDA che sostiene l’accusa ha anche citato per la successiva udienza il  Prefetto Corrado Catenacci che è stato Commissario Straordinario del Governo per l’emergenza rifiuti in Campania ( ma non è indagato per reato connesso nel processo ad Antonio Bassolino ?)

    



     Anche questa udienza ha evidenziato il fatto che il  processo è concentrato nelle intercettazioni telefoniche tra il Presidente della “Impregeco”,  Giuseppe Valente e gli interlocutori di turno in alcuni casi anche Parlamentarti: Gennaro Coronella, Mario Landolfi e naturalmente Nicola Casentino.
       Nel corso delle quasi 5 ore di istruttoria dibattimentale il Cap. Pasquale Starace – su continuo impulso del piemme d’udienza – ha reso note le intercettazioni tra i diversi soggetti e le informative che tendevano tutte allo scopo di dimostrare che Nicola Casentino aveva piazzato suoi uomini nei consorzi che  gestivano l’emergenza rifiuti in Campania e particolarmente presso il Consorzio Ce4 dei fratelli Sergio e Michele Orsi.

     In particolare sono state evidenziate le intercettazioni tra Giuseppe Valente e i fratelli Orsi con  Roberto Marino, Carlo Savoia, Suè  Capaldo, On. Vincenzo  Capuano (di Forza Italia ), Ugo Conte nelle quali si parlava della probabile messa in minoranza della Giunta Conte di Mondragone e dell’imminente accesso della Commissione d’inchiesta per lo scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa.   
  
     Poi sono state evidenziate alcune intercettazioni che parlano di assunzioni pilotate dai Parlamentari casertani. Si tratterebbe di dimostrare, in questo caso, l’accusa di “voto di scambio”,  Sono stati fatti vari nomi:  Mario Sperlongano, Maria D’Agostino, Carlo Savoia, Alfredo Piscitiello, Claudio Piscitiello, Pietro D’Agostino, Michele e Massimo Russo ( padre e figlio ).

    Ad un certo punto è uscita una intercettazione ambientale ( presso la sede della  Ce4) con la presenza dei fratelli Orsi, di Giuseppe Valente  e di Raffaele Chianese,  nella quale si prospettava la necessità di far intervenire i Parlamentati casertani presso il Prefetto per scongiurare lo scioglimento.  E ancora altre assunzioni presso la ECO4 di Vittorio Afragola, Antonio Arcangelo, Vincenzo Mesolella,  Giuseppe Petrulo, Giovanni Diana, Antonio Bonacci, Giuseppe Bernardo, Lorenzo Di Iorio ( già assessore al comune di  Sessa Aurunca ex  dipendente Eco4  )  e del Sindaco di Bellona,  Giancarlo Della Cioppa.

     Sono usciti poi fuori i nomi di altri politici come Giuseppe Sagliocco, Antonio Rucco e Enzo Cioffi. Il tutto – oltre che venuto fuori dalle intercettazioni telefoniche e ambientali anche dagli interrogatori e dalle deposizioni  di Gaetano Vassallo, Giuseppe Valente e Michele Orsi.  Spesso ci è parso – ma questa non è stata solo la nostra impressione  – perché anche la difesa ed a volte lo stesso Presidente del Collegio – ha dovuto evidenziarlo – il piemme d’udienza ha indirizzato il testo verso la risposta che sembrava addirittura scontata.

    Poi si è parlato della serie di conferenze dei servizi  che hanno interessato i comuni di Bellona, Calvi Risorta, Casigliano, Carinola , Castelvolturno, Cellule, Falciano del Massico, Francolise, Giano Vetusto, Grazzanise, Mondragone, Pastorano, Pignataro Maggiore, Roccamonfina, Sesa Aurunca, Sparanise, Teano e Vitulazio i quali, tra l’altro, con apposite ordinanze avevano affidato – anche in proroga e senza gare di appalto – la gestione dei RSU alla  ECO4.

     Un certo interesse hanno suscitato le due intercettazioni tra Giulio Facchi, sub commissario di Governo e una giornalista. Il Cap. Starace ha detto che si trattava di tale Rosa Palomba de Il Mattino ma noi crediamo che si tratti, invece, di Tina Palomba dell’ex Corriere di Caserta. Poi si vedrà più avanti nel corso del processo.

     E’ stato anche evidenziato che la ECO4 ha operato senza il certificato antimafia e che gli interventi per le assunzioni hanno interessato in particolare: Enzo Gambardella, Nicola Picone, Sindaco di Trentola Ducenta, Giuseppe Esposito, Giuseppe Oliviero, Consigliere Comunale di Villa Literno, Roberto Mosca, Mario Maccarello, Vittorio Simeone, Nicola Musto, Francesco Mercurio, Antonio Filosa, Franco Sorgente (dirigente Comunale di Cellole da Sessa Aurunca che sollecitava l’assunzione
per il figlio ) Armando, Rossella  Ferraro, Anna  Gravina, Donato Parisi e Luigi Sepe.

     Infine si è parlato del Fallimento della Eco4 ( con sentenza del Tribunale di S. Maria C.V. del 2008,) e delle assunzioni  in esubero in numero di 68 unità presso i consorzi – accertato dalla Guardia di Finanza di Mondragone –avrebbero  comportato una spesa di quasi 2 milioni di euro.

     E’ stato poi ampiamente trattato il caso della  allocazione del termovalorizzatore a S. Maria La Fossa, con una serie di ricorsi al Tar da parte dei Comuni di Grazzanise, Casal di Principe. e Cancello Arnone. Che anche altri comuni come Carinola, Cellole ( evidenziato l’intervento del V. Sindaco Ersilio Di Paolo ) e Castelvolturno aspiravano ad avere la gestione dell’impianto, nonché quello del Dr. Ernesto Raiola ( segretario del Prefetto Catenacci ). La prossima udienza è stata fissata per il 12 dicembre.
    









venerdì 25 novembre 2011

Tutto sommato un raund in favorre dell’imputato.

IL TRIBUNALE HA RIGETTATO  LA RICHIESTA DELLA DDA SULLA CONNESSIONE DEI DUE PROCESSI  A CARICO DELL’AVVOCATO MICHELE SANTONASTASO

Ieri tre processi fissati nello stesso giorno uno a Roma  ( parte offese Cafiero de Raho e Raffaele Cantone ) e due a S. Maria C.V.  Respinte le eccezioni della difesa sulla incompetenza territoriale   


S. Maria C.V.  ( di Ferdinando Terlizzi ) -  Dopo le udienze dei giorni scorsi,  che hanno visto le parti ( piemme e difesa ) discettare sulla possibilità della riunione dei due processi già sul ruolo,  iieri mattina,  l’avvocato Michele Santonastaso,  aveva tre processi fissati in concomitanza a suo  carico. Il primo a Roma,  che trattava dello stralcio del “papiello” letto nel corso del processo d’appello Spartacus ( sulla non cristallina gestione dei pentiti )  con parti offese i pubblici ministeri Cafiero De Raho e Raffaele Cantone. Rinviato per concomitanza con gli altri processi alla prossima udienza del 2 dicembre.  Dallo stesso processo un troncone è stato inviato a Napoli,  ed è ancora in istruttoria,  ( ipotetiche minacce alla stampa definita prezzolata ) che vede parti offerse Rosaria Capacchione e Roberto Saviano.
      Il secondo fissato innanzi  la  prima sezione penale del Tribunale di S. Maria C.V. ( Presidente Orazio Rossi, giudici Francesca Auriemma e Paola Cervo ), che ieri mattina ha rinviato al 30 prossimo l’inizio del dibattimento ( l’avvocato Santonastso è accusato di aver dato e ricevuto notizie riservate dall’avvocato Catello Di Capua,  che ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato e che è stato mandato assolto per il reato più grave di camorra ) rimandando imputati e avvocati presso la 2* Sezione ( Presidente Morra giudici Ceramico D’Auria e Celentano ) per la decisione di connessione o meno dei due processi.
     Il terzo,  quello più grave per l’imputato, che risponde di 416 bis, e di corruzione,   insieme al perito Alberto Fichera e Francesco Bidognetti  – incardinato definitivamente dopo la decisione di ieri – innanzi la 2 Sezione è stato rinviato in prosieguo per il prossimo 20 gennaio alle ore 11,30 –
1.          In apertura di udienza il  Presidente Morra ha  costituito le parti ( Bidognetti,  in video conferenza,  essendo a 41 bis,  dal supercarcere di Parma  era difeso dagli avvocati Emilio Martino ( sostituito da Nicola Filippelli ) e da Elsa Cardone, l’altro imputato, il Prof. Fichera, era difeso  dall’avv. Bruno Von Arx,  mentre Michele Santonastaso era difeso –  nel processo stralcio Di Capua – dagli avvocati Gaetano Pastore e Giuseppe Garofalo,  e nel più grave da Stefano Sorrentino e Giuseppe Garofalo.
     Hanno preso quindi la parola gli avvocati Filippelli e Cardone  ( gli avvocati Garofalo, Sorrentino e Pastore avevano già formulate le loro richieste in precedenza  ) che si sono dichiarati contrari alla connessione dei due processi.
    Ha replicato il piemme d’udienza,  Alessandro D’Alessio della DDA,  chiedendo che venissero rigettate le eccezioni di incompetenza territoriale e che venisse accolta la richiesta di connessione formulata dall’accusa nelle precedenti sedute.
    Il Tribunale, invece, disattendendo la richiesta della DDA,  sulla connessione dei processi,  in applicazione del criterio della economia processuale  e della sua complessità ( anche in  considerazione dei circa  300 testi indicati tra accusa e difesa) nonché per la diversità dei mezzi istruttori ( la riunione potrebbe appesantire e ritardare il processo ) ha deciso di non unificare i due processi rigettando, però, le eccezioni sulla incompetenza territoriale avanzate dalla difesa.


     








mercoledì 23 novembre 2011

IL DELITTO DEL MARCHESE VOYER E' DESCRITTO ANCHE NEL MIO LIBRO "IL DELITTO DI UN UONO NORMALE" CHE RIGUARDA IL PROCESSO AL MEDICO SAMMARITANO AURELIO TAFURI IN RISTAMPA LA TERZA EDIZIONE


Fiction e cronaca nera: arriva anche il caso Casati Stampa



Dal delitto di via Poma passando per le vicende giudiziarie e personali di Enzo Tortora al caso della contessa Della Torre la  continua ad ingrossarsi con temi tratti direttamente dalla cronaca nera che ormai tira ascolti e non solo nei programmi televisivi, quindi il confine tra realtà e  è sempre più assottigliato, dopo Delitto d’amore prossimamente su Rai Uno con protagonista  è la volta della fiction tratta dai fatti di cronaca del caso Casati Stampa.




La Ares Film starebbe infatti lavorando ad una miniserie che racconti che ripercorrerebbero quei fatti risalenti a più di quarant’anni fa, un duplice omicidio-suicidio ad opera del marchese Camillo Casati Stampa che, come noto, era solito offrire la propria moglie, la smaliziata Anna Fallarino, a sconosciuti e prestanti ragazzi perché si accoppiassero sessualmente con lei in sua presenza. Nell’agosto del 1970 ad Arcore, nella villa che sarebbe diventata la dimora di Silvio Berlusconi, l’uomo, colto da gelosia, uccise la moglie e Massimo Minorenti, il giovane amante, per il quale la Fallarino, a detta del marchese, sembrava provare dei sentimenti più profondi e non solo attrazione fisica. In lizza per interpretare il ruolo della contessa, ci sarebbe niente meno che .
Un caso drammatico e scottante che rivivrà in tv nei prossimi mesi.

domenica 20 novembre 2011

Venerdì presso il Gabinetto della Polizia Scientifica di Roma

I periti e i consulenti hanno iniziato i rilievi sui reperti fotografandoli alla ricerca di tracce. Il 5 dicembre il prelievo della saliva per il test del DNA degli assassini di Serena Mollicone.

Tutti presenti avvocati difensori, di parte civile, i periti d’ufficio e i consulenti di parte. Il presunto assassino ( poi assolto ) Carmine Belli in attesa del risarcimento per “ingiusta detenzione”

( Dall' inviato )

Roma.   Si è tenuta nel pomeriggio di venerdì scorso, presso il Gabinetto Scientifico della “Criminal Pol” di Roma, la prima sessione di tutti i periti, consulenti di ufficio e di parte, per l’esame comparato dei reperti inerenti il delitto di Serena Mollicone, in aderenza al provvedimento del Tribunale di Cassino, emesso in sede di incidente probatorio.


Come si ricorderà il Gip – nel corso dell’incidente probatorio - osservava che “considerato che il progresso effettuato dalle tecniche potrebbe ora consentire di evidenziare eventuali tracce genetiche presenti sugli oggetti e sugli indumenti, ( elemento ovviamente molto rilevante, ai fini dell’individuazione dell’autore dell’efferato gesto ) ritenuto quindi che sia condivisibile la scelta di procedere ad assunzione probatoria e ritenuto, inoltre, che trattasi di un accertamento tecnico verosimilmente non ripetibile, visto che le tracce genetiche e biologiche esistenti sul materiale posto sotto sequestro potrebbero disperdersi e non consentire – dopo un ulteriore lasso di tempo – la genuina acquisizione della prova a fine di comparazione autorizza il perito a procedere al prelievo di campioni di materiale biologico degli indagati; campioni dai quali poi si andrà ad estrapolare il profilo genetico da comparare con quello che sarò evidenziato sui reperti già acquisiti”.


Infatti sono stati fotografati venerdì pomeriggio, presso la sezione di polizia scientifica di Roma, numerosi “reperti riconducibili” alla vittima, ( il nastro adesivo che legava il corpo della ragazza, la busta del supermercato Eurospin, che copriva la testa di Serena, il telefonino, la maglietta, i pantaloni, alcuni campioni di vegetazione della zona dove è stato rinvenuto il cadavere) che saranno esaminati – in contraddittorio - nella prossima riunione del 5 dicembre.


Poi, come stabilito dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dr. Angelo Valerio Lanna, i lavori peritali saranno esaminati nelle udienze del 16 dicembre ( ma questa udienza potrebbe slittare a causa dell’errore dei cartoni dei reperti, giunti a Roma con ritardo ) e del 2 febbraio 2012, presso il Tribunale di Cassino, per l’esame comparato delle risultanze della perizia.


Le operazioni peritali sono state dirette dal Prof. Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma, perito di ufficio per la pubblica accusa, alla presenza dei consulenti di parte proff. Luigi D’Ancora, dell’Università di Napoli e Ciro Di Nunzio dell’Università di Catanzaro. Erano inoltre presenti per i loro assisti il criminologo Carmelo Lavorino, il genetista Saverio Potenza, gli ingegneri di genetica vegetale, Giulia Viggiani e Antonella Canini, (dovranno esaminare le tracce delle vegetazioni che coprivano il corpo della povera vittima), il Gen. Luciano Garofano ( ex comandante del Ris di Parma) per la famiglia Mollicone.


Erano altresì presenti, gli avvocati difensori, Dario De Santis per la famiglia di Guglielmo Mollicone; l’Avv. Armando Pagliei ( per il fidanzato di Serena, Michele Fioretti, e la madre, Rosina Partigianoni, indiziati dell’omicidio); l’avv. Emiliano Germani e Eduardo Rotondi (per il brigadiere Francesco Suprano, anche lui indiziato del grave delitto ); l’avv. Francesco Germani ( per Franco Mottola, all’epoca comandante della stazione dei carabinieri di Arce, 55 anni residente a Teano; per il figlio Marco, 29 anni in famiglia a Teano, e per la madre, omonima del marito, Anna Maria Mottola, nata e residente a Teano di anni 50, tutti indiziati per l’omicidio ).


Come tutti ricorderanno, per l'omicidio di Serena Mollicone, la studentessa di Arce (Frosinone) scomparsa il primo giugno 2001 e ritrovata uccisa dopo due giorni in un boschetto di Anitrella, sempre nel Frusinate. fu arrestato, processato e poi assolto, nei tre gradi di giudizio, il meccanico di Arce, Carmine Belli ( difeso dall’avvocato Eduardo Rotondi, con la collaborazione del consulente di parte, il criminologo Carmelo Lavorino ( autore, tra l’altro, del libro “Il Delitto di Arce”), il quale oggi è in attesa di un robusto risarcimento del danno per “ingiusta detenzione”.


L’incidente probatorio ( che ha portato alla riapertura del caso ed alle perizie in atto ) è stato provocato dal Procuratore Capo Dr. Mario Mercone, il quale è fermamente convinto che tra i sei indiziati ci possa essere l’assassino di Serena Mollicone, il mandante ed i testimoni oculari dell’efferato crimine, avvenuto 10 anni or sono ad Arce. Ma, la pubblica accusa è partita da molto lontano e non esclude di coinvolgere altre persone tanto è vero che il provvedimento notificato alle parti parla anche di “concorso con ignoti da identificare”.


Il Procuratore Capo, tuttavia, ha formulato una precisa accusa ed ha ipotizzato anche il probabile scenario del delitto. Il maresciallo Mottola, con il figlio Marco, con la moglie Anna Maria ( ed in alternativa con il concorso del brigadiere Suprano o con il concorso del fidanzato di Serena Mollicone e della madre di quest’ultimo o con il concorso di ignoti ) avrebbero ucciso la povera Serena “colpendola al cranio con uno strumento contundente ( così è scritto nella ordinanza del Gip ) legandole gli arti superiori dietro alle spalle e bloccandone le gambe con un nastro adesivo bianco e con fili accoppiati di ferro, nonché incappucciando il cranio con una busta di plastica sigillata attorno al collo e tappando con altro adesivo la bocca ed il naso, ne cagionavano la morte, sopravvenuta a causa dello shock traumatico e della asfissia meccanica, dopo ampio versamento ematico; con l’aggravante di avere agito con inutile crudeltà verso la vittima”.


Ed inoltre il Procuratore Capo ha contestato a tutti l’aggravante ( in concorso tra loro o con ignoti ) all’occultamento di cadavere “al fine di conseguire l’impunità per il commesso omicidio occultavano il cadavere trasportandolo in un viottolo recondito ed ivi abbandonandolo, dopo essersi impegnati, per ostacolarne il rintraccio a ripiegare al di sopra della salma arbusti ivi vegetanti e ad utilizzare come riparo la sagoma di un contenitore metallico cilindrico”.


In effetti l’incidente probatorio è stato concesso dal Gip principalmente perché l’accusa aveva prospettato che vi erano numerosi “reperti riconducibili” alla vittima, ( nastro adesivo, la busta dell’Eurospin che copriva la testa di Serena, il telefonino, la maglietta i pantaloni etc. etc. ) per i quali al momento del delitto ( e questo è un altro mistero, che va ad aggiungersi al suicidio del brigadiere Santino Tuzi, alle lettere anonime, al prelievo coatto del padre della vittima nel corso dei funerali ) non fu possibile estrapolare profili genetici di soggetti estranei”.























martedì 15 novembre 2011

PRESTIGIOSO TRAGUARDO PER L'AVVOCATURA CASERTANA: ALFONSO QUARTO AI VERTICI DELL'AIGA


Giovani avvocati il Presidente della sezione di S. Maria C.V. entra nella  Giunta Nazionale

La sezione A.I.GA  di S. Maria C.V.  in trasferta a  Verone  ottiene un posto nella Giunta Nazionale,  è avvenuto IL 12.11.2011 presso il Palazzo della Ragione – Cortile del Mercato Vecchio (nella suggestiva sala delle Conferenze), proprio a due passi dall' Arena di Verona dove c' è stato il primo Consiglio Direttivo Nazionale dopo il cambio della Presidenza Nazionale avutosi il 23 ottobre 2011 a Catania.
Tre gladiatori ed una dama, ovvero l' Avv. Alfonso Quarto - Presidente della Sezione di S. Maria C.V., l' Avv. Vittorio Caputo - Consigliere Nazionale, l' Avv. Paolo Di Furia - Consigliere di sezione (tutti e tre penalisti), l' Avv. Annamaria Manica - Consigliere di Sezione (civilista) sono stati la degna rappresentanza della sezione sammaritana dell' Associazione Giovani Avvocati durante  le due giornate di elezioni.
Al termine dei lavori tra gli eletti spuntava il nome dell' Avvocato Alfonso Quarto il quale oltre a diventare componente della Giunta Nazionale, riceveva anche l' incarico di Presidente della Consulta degli eletti con la specifica mansione di curare i rapporti  con i Consigli degli Ordini degli Avvocati sparsi su tutto il territorio Nazionale.
Questo importante successo rappresenta una grande soddisfazione per tutti gli avvocati del foro sammaritano che vedono la valorizzazione dei propri professionisti anche fuori dalla Regione e sul territorio Nazionale, con sempre maggiore spazio - anche  - ai giovani. Le associazione di categoria in questo momento storico rivestono sempre più importanza, cosa notata anche dal Presidente dell' Ordine degli Avvocati di S. Maria C.V.  Avv. Elio Sticco, il quale nel settembre scorso organizzò a Formia un incontro con tutte le associazioni Avvocati, durante il quale si stabilì che tale adunanza doveva essere sistematicamente ripetuta con cadenza bimestrale così da poter adottare provvedimenti a secondo del mutamento delle esigenze. Proprio  traendo spunto dalle osservazioni e dalle proposte di miglioramento provenienti dalle fontI associative (e nel caso di specie proprio dall' A.I.G.A.) che il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di S. Maria C.V., ha deciso di abbassare ed ha abbassato le tasse dei praticanti avvocato.

domenica 13 novembre 2011

L'AVV. ALFONSO QUARTO CON UN INCARICO SPECIALE NELLA GIUNTA NAZIONALE AIGA


AIGA - L'AVVOCATO ALFONSO QUARTO ENTRA NELLA GIUNTA NAZIONALE


L'AVVOCATO ALFONSO QUARTO A DESTRA
INSIEME AL GIUDICE RAFFAELLO MAGI
DEL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE
 La sezione A.I.GA di S. Maria C.V. in trasferta a Verona ottiene un posto nella Giunta Nazionale, è avvenuto IL 12.11.2011 presso il Palazzo della Ragione – Cortile del Mercato Vecchio (nella suggestiva sala delle Conferenze), proprio a due passi dall' Arena di Verona dove c' è stato il primo Consiglio Direttivo Nazionale dopo il cambio della Presidenza Nazionale avutosi il 23 ottobre 2011 a Catania.Tre gladiatori ed una dama, ovvero l' Avv. Alfonso Quarto - Presidente della Sezione di S. Maria C.V., l' Avv. Vittorio Caputo - Consigliere Nazionale, l' Avv. Paolo Di Furia - Consigliere di sezione (tutti e tre penalisti), l' Avv. Annamaria Manica - Consigliere di Sezione (civilista) sono stati la degna rappresentanza della sezione sammaritana dell' Associazione Giovani Avvocati durante le due giornate di elezioni.Al termine dei lavori tra gli eletti spuntava il nome dell' Avvocato Alfonso Quarto il quale oltre a diventare componente della Giunta Nazionale, riceveva anche l' incarico di Presidente della Consulta degli eletti con la specifica mansione di curare i rapporti con i Consigli degli Ordini degli Avvocati sparsi su tutto il territorio Nazionale.Questo importante successo rappresenta una grande soddisfazione per tutti gli avvocati del foro sammaritano che vedono la valorizzazione dei propri professionisti anche fuori dalla Regione e sul territorio Nazionale, con sempre maggiore spazio - anche - ai giovani. Le associazione di categoria in questo momento storico rivestono sempre più importanza, cosa notata anche dal Presidente dell' Ordine degli Avvocati di S. Maria C.V. Avv. Elio Sticco, il quale nel settembre scorso organizzò a Formia un incontro con tutte le associazioni Avvocati, durante il quale si stabilì che tale adunanza doveva essere sistematicamente ripetuta con cadenza bimestrale così da poter adottare provvedimenti a secondo del mutamento delle esigenze. Proprio traendo spunto dalle osservazioni e dalle proposte di miglioramento provenienti dalle fontI associative (e nel caso di specie proprio dall' A.I.G.A.) che il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di S. Maria C.V., ha deciso di abbassare ed ha abbassato le tasse dei praticanti avvocato.




SALTA PER LO SCIOPERO DEI PENALISTI IL RIESAME PER SANTONASTASO



RINVIATO  A  GIUDIZIO E ACCCUSATO DI AVER REDATTO LA PERIZIA FALSA ANCHE IL PROF. ALBERTO FICHERA, DELL’UNIVERSITA’ DI CATANIA.

Coimputati con Michele Santonastaso anche Michele e Francesco Bidognetti, Anna Carrino, Luigi Cimino e Augusto La Torre – Tra i testimoni della difesa prelati, magistrati, avvocati, giornalisti. Il Questore, alcuni  funzionari di polizia e carabinieri. Deputati e senatori Tra quelli dell’accusa collaboratori di Giustizia – I più noti: Il crimonologo Francesco Bruno, i magistrati Cantone, De Raho e Milita; gli avvocati Raucci, Giaquinto e Irace; i deputati Landolfi, Garavini, Bianco  e Simeone; i giornalisti Roccuzzo della La7  e la Palomba di Cronache di Caserta nonché  il capo della Mobile di Napoli Vittorio Pisani.    


     S.Maria C.V.  ( di Ferdinando Terlizzi ) – In attesa che sia decisa la Sezione a cui assegnare  la celebrazione del processo a carico di Michele Santonastaso ed altri ( da  unificare con  quello per 416 bis )  già fissato per il 25 prossimo, sono state depositate in cancelleria le liste dei testi. Come è noto sono stati anche rinviati a giudizio, con le pesanti accuse - in concorso tra loro – anche Michele e Francesco Bidognetti, Anna Carrino, Luigi Cimmino, Augusto La Torre ed il Prof. Ing. Alberto Alfio Natale Fichera, dell’Università di Catania,
     A quest’ultimo ( arrestato l’anno scorso ed in libertà per ragioni di salute ) la DIA ha contestato che, in cambio di somme di denaro ( si parla di 1000 mila euro ) avrebbe redatto perizie false per fornire false indicazioni agli inquirenti. In particolare egli è ritenuto  gravemente indiziato dei delitti di corruzione e falsa perizia aggravati dal concorso esterno in associazione mafiosa,  per aver agevolato il clan dei casalesi ed il clan Cimmino, operante nella città di Napoli.
    E veniamo ora ai testi, che in questo processo rappresentano veramente una singolarità. Ci sono, infatti,  molti investigatori e magistrati inqurenti che sono citati a discarico. Per Fichera (11) Padre Salvatore Resca, fondatore Movimento Antimafia; Sen. Enzo Bianco ex Ministro degli Interni; Antonio Roccuzzo, giornalista La7.
     Per l’Accusa ( 30 ) tra ufficiali di P.G., periti, professionisti, avvocati e collaboratori di Giustizia. Tra i più noti: Antonio Miranda, Carabinieri di Caserta; Avv. Angelo Raucci ( testimone assistito indicato anche dalla difesa di Santonastaso ) Gaetano Vassallo, Angela Barra, Oreste Spagnuolo, Augusto La Torre, Stefano Piccirillo, Luigi Guida, Armando Martucci, Tammaro Diana e Massimo Alfiero.
     Per Santonastaso (150) Gli avvocati: Umberto D’Alessandro, Vittorio Giaquinto, Camillo Irace, Rosa Ferrara ( all’epoca dei fatti Presidente della  AIGA di Napoli ),  e Catello Di Capua. I magistrati Raffaele Cantone,  Cafiero De Raho e Alessandro Milita. Gli  onorevoli Mario  Landolfi, Alberto Simeone, (  firmatario della famosa legge Simeone sui benefici ai detenuti )   e Laura Garavini ( firmataria della interrogazione che segnalava la necessità di applicare il 41 bis ad Augusto La Torre ); il criminologo Francesco Bruno; Il Capo della Mobile di Napoli Dr. Vittorio Pisani, il V.Questore di Caserta Dott. Rodolfo Ruberti, il Dr.  Angelo Morabito, .   nonché Giuseppe Mandara, ( per il falso alibi del duplice omicidio ) e Ottavio Oro, Giuseppe Iatomasi, Vincenzo Di Fonso, Francesco Di Lorenzo, Innocenzo Pengue  del R.O.N.O.  di Caseerta.  La giornalista Tina Palomba, l’ex Presidente della Impregeco Giuseppe Valente,
     Le indagini venivano avviate dalle dichiarazioni di più collaboratori di giustizia che riferivano che Aniello Bidognatti, Luigi Cimmino, e Vincenzo Tammaro  ( il primo esponente del clan dei casalesi e gli altri due rispettivamente capo e partecipe del clan Cimmino), non solo avevano organizzato ed eseguito il duplice omicidio in danno di Enrico Ruffano e Giuseppe Consiglio,  avvenuto in Napoli il 28.4.1999 ma che, seppure ( in particolare il primo ed il terzo) intercettati durante le fasi preparatorie, contestuali e immediatamente successive al delitto, erano stati assolti a fronte di un versamento di denaro in favore del perito che aveva avuto incarico dalla Corte di Assise di Napoli di identificare coloro che avevano preso parte alle compromettenti intercettazioni.
     In sostanza, quindi, secondo i collaboratori (tutti vicini, a vario titolo, agli imputati di quel processo) il perito corrotto aveva “aggiustato” il processo depositando una perizia nella quale falsamente attestava che le voci captate nel corso delle decisive intercettazioni telefoniche non corrispondevano a quelle degli imputati Aniello Bidognetti  e  Vincenzo Tammaro.  L’attività di riscontro partiva dall’acquisizione degli atti processuali relativi al duplice omicidio RUFFANO-CONSIGLIO il cui dibattimento era stato celebrato innanzi alla  Corte di Assise di Napoli nell’ambito del procedimento penale  a carico di  Aniello Bidognetti, Luigi Cimmino, Giuseppe Cristofaro e  Vincenzo. Tammaro 
     Risultava che tutti gli imputati tratti a giudizio innanzi alla citata Corte di Assise, erano stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere – confermata innanzi ai diversi organi giurisdizionali – che, come ricordato dai collaboratori di Giustizia, risultava, effettivamente, trarre il proprio fondamento dallo svolgimento di intercettazioni telefoniche nel corso delle quali venivano captate le voci di coloro i quali avevano organizzato ed eseguito il delitto.
     La DIA già all’epoca, così come la stessa Polizia Giudiziaria, non aveva avuto dubbi sulla riconducibilità di quelle utenze e di quelle voci agli allora indagati Giuseppe Cristofaro, Aniello Bidognetti ( figlio del capo clan Francesco Bidognetti) e Vincenzo Tammaro e, conseguenzialmente, sulla sussistenza di gravi elementi indiziari anche a carico del CIMMINO, all’epoca capo dell’omonimo clan cui appartenevano il TAMMARO ( esecutore del delitto ) e stretto alleato dei BIDOGNETTI.

     Sempre come riferito dai collaboratori di Giustizia, risultava agli atti processuali: 1) che la Corte di Assise al fine di acquisire la certezza sulla attribuibilità delle voci agli imputati aveva dato incarico peritale a  Alberto Alfio Natale Fichera; 2) che proprio in conseguenza della citata perizia, che escludeva l’attribuibilità delle voci intercettate a  Aniello Bidognetti  e  Vincenzo Tammaro, la Corte assolveva sia BIDOGNETTI che TAMMARO, mentre condannava, invece, Giuseppe Cristofaro, gregario del clan bidognettiano e CIMMINO nei cui confronti gli elementi indiziari non si fondavano, direttamente, sulle intercettazioni.
     Risultava poi che nel successivo processo d’appello anche il citato Luigi Cimmino veniva assolto dall’accusa di essere stato il mandante del duplice omicidio. Ciò quale conseguenza logica dell’assoluzione, nel processo di primo grado, del  Vincenzo Tammaro che, secondo la tesi accusatoria, era stato, proprio su incarico del CIMMINO, esecutore materiale del reato. Esito finale del processo e conseguenza diretta ed indiretta della perizia era che tre imputati su quattro venivano assolti e che l’unico imputato condannato per il duplice omicidio era Giuseppe Cristofaro, come si è detto componente di secondo piano del sodalizio casalese - fazione bidognettiana.
     La Direzione Investigativa Antimafia quindi, provvedeva ad escutere l’Ufficiale di P.G. che aveva materialmente svolto l’attività di intercettazione. Questi non solo esternava il suo sbalordimento per l’esito del processo ma si dichiarava certo – sia per le particolarità di quelle voci che aveva intercettato per svariato tempo che per i riferimenti contenuti nelle conversazioni – del fatto che due delle utenze dei soggetti che avevano eseguito ed organizzato il delitto, erano attribuibili a BIDOGNETTI Aniello Bidognetti e Vincenzo Tammaro, poi assolti. Infine veniva nominato dalla DIA un qualificato collegio di Consulenti e non solo, e senza dubbio alcuno, evidenziava che i due soggetti assolti in primo grado ( BIDOGNETTI e TAMMARO) erano sicuramente fra gli interlocutori di quelle conversazioni intercettate ma che, soprattutto, sottolineava come la perizia del FICHERA fosse affetta da gravissime incongruenze nella lettura dei dati strumentali. Incongruenze che gli uffici della Dia questo e quello del GIP di Napoli hanno ritenuto del tutto incompatibili con le capacità professionali dell’attuale imputato.


lunedì 7 novembre 2011

CRONACHE DAL PALAZZO DI GIUSTIZIA


 11° Appuntamento in Tribunale per il coordinatore del PDL
prossima udienza 28 novembre

Dichiarate utilizzabili le intercettazioni dei Parlamentari Mario Landolfi e Gennaro Coronella  depositate dalla DdA per il processo all’On. Nicola Casentino –

Di scena il Cap. dei carabinieri  del Noe Alessandro  Pulcri -  Casentino in aula come sempre – Intercettazione di Valente: “ Chianese è uno squalo, è come l’Aids: Se lo conosci lo eviti….”


Santa Maria Capua Vertere – ( di Ferdinando Terlizzi )  Undicesimo appuntamento ieri in  Tribunale ( Prima Sezione   Presidente Gianpaolo Guglielmo, giudici Luigi D’Angiolella e Tommaso Perrella, P.M.  Alessandro Milita ) per il processo a carico dell’On. Nicola Casentino, accusato di voti di scambio  e concorso esterno in associazione mafiosa,    difeso dagli avvocati  Prof. Agostino De Caro e Avv. Stefano Montone. Alla udienza di ieri era  presente l’On. Nicola Casentino,  con l’assistenza dell’avvocato Montone,  mentre il prof. De Caro è stato sostituito dall’avvocatessa  Arianna Santacroce.
     L’udienza che era stata riservata alla conclusione della escussione del  capitano Starace,  ha subito invece una inversione di tendenza ( per l’impedimento di quest’ultimo ) sostituito poi  con la testimonianza dell’altro estensore della informativa di base, il cap. Alessandro Pulcri,  che regge le sorti del Nucleo Centrale dei Carabinieri del Noe di Roma dal  settembre del 2009.
   

     Tutto il  processo è concentrato nelle intercettazioni telefoniche tra il Presidente della “Impregeco”,  Giuseppe Valente e gli interlocutori di turno in alcuni casi anche Parlamentarti. E proprio allorquando il Cap. Pulcro ha citato una intercettazione ( del 25 settembre 2002)  di Valente che parlava prima con  l’ex Ministro On. Mario Landolfi e poi con  il Sen. Gennaro Coronella che si è scatena la dura reazione della difesa: “Landolfi e Coronella sono Parlamentari di questa Repubblica e  per motivi di guarentigia e segretezza voglio far presente al collegio che le loro intercettazioni sono prive di autorizzazioni e non possono essere utilizzate”.  
     Il Piemme era di parere diverso e citava la Sentenza della Corte Costituzionale che aveva chiarito il concetto di non totale immunità dei Parlamentari specialmente quando si trattava di soggetti non imputati nel processo e quindi la utilizzabilità delle stesse”.

    Il Tribunale – dopo breve permanenza in Camera di Consiglio-  rigettava l’Istanza dell’avv. Montone,   citando la sentenza della Corte costituzionale ((Utilizzabilità delle intercettazioni di comunicazioni. . Il riequilibrio nel sistema procedimentale penale operato dalla sentenza n. 390 del 2007) e quindi ammetteva l’acquisizione delle informative e delle  relative intercettazioni.

    Intanto su precise domande del P.M. il Capitano Pulcro continuava la sua deposizione e tra l’altro – non si discostava di molto e quanto è già stato detto sia  dal Cap. Starace  che dall’ing. Cattaneo della Fibe. Il Capitano chiariva i veri aspetti della sua indagine ( iniziata il 5 aprile del 2010 con una serie di intercettazioni e di acquisizione di informative documentali

     Tra le più significative intercettazioni il responsabile del Noe ha citato  quella avvenuta nel 2002  tra Giuseppe Valente., nella sua qualità, e l’Arch. Claudio De Biasio,  il quale,  nel  corso della conversazione,  leggeva una lettera dei sub commissari Giulio Facchi e Nicola Paolucci  con la quale si decideva di sospendere la gestione dei rifiuti per conto del Commissario di Governo da parte della Impregeco. E ciò fu commentato negativamente dai due con le parola :”Questa è la morte della inpregeco”. .
    
     Quindi furono studiati subito interventi di sopravvivenza si fece ricorso “agli amici politici” per ribaltare la decisione negativa dei “napoletani” i quali – con Antonio Bassolino a capo – facevano politica e clientelismo affossando le iniziative casertane.

   In effetti documentalmente i carabinieri hanno trovato poco materiale probatorio,  ma si sono fatti poi una idea di tutte le azioni,  attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali. Non è stato trovato, infatti, un verbale di riunione presso il Commissario di Governo ( avente per oggetto la revoca della revoca )ma poi si  sono saputi di tutto  gli argomenti trattati,  chi aveva partecipato ( Facchi, Valente, D’Alterio, Chianese, Germini e Pinto )  e perfino che cosa si erano detto”.
Poi sono state commetate le intercettazioni tra Velente e  Ugo Conte ( ex sindaco di Mondragone ) e quelle con Ugo Carpinelli, Presidente del Consorzio Giffoni- Vallepiano e tal Guido Fasano; quelle di Lello Chianese ( omonimo dell’avvocato  Cipriano Chianese  della Resit,  definito lo “squalo”,  al quale si addebitava la manovra contro la Impregeco per concorrenza  sleale ); e ancora quelle di Michele e Sergio Orsi, nei confronti di quelle relative all’avv. Tommmaso Castiello ( intermediario per l’acquisizione dei terreni per le discariche ) con Angelo Pelliccia della Fibe. 

Il Cap. Pulcri infatti ha dichiarato che era difficile acquisire documentazione in quanto al Commissario di  Governo non esisteva un archivio degno di  questo nome, non c’era un registro protocollo, ma esistevano una serie di stanze e di containers nei quali sono stati ammassati centinaia e centinaia di carteggi relativamente alla gestione emergenziale dei rifiuti in Campania.

    Nell’aprile del 2009 – ha precisato  ancora il teste in lista d’accusa – Valente parlando con Facchi scaricava sul sub commissario Paolucci la responsabilità della revoca dell’attività della Impregeco per il Commissario di Governo. Poi venne la “revoca della revoca” che . ha precisato il teste – recava la firma di entrambi i sub commissari.

     Di una certa rilevanza è stata l’intercettazione tra il loquace ( troppo Sic!)  Giuseppe Valente e Pina D’Alterio ( direttore Amministrativo poi nominata liquidatore  ) quest’ultima diceva che era stata presso il Commissario di Governo e che stava facendo scrivere una lettera a Facchi  la cosiddetta “revoca della revoca”.

    La D’Alterio poi si lascia sfuggire che dopo sarebbe passata da Nicola Casentino il quale avrebbe telefonato al sub commissario  Paolucci dandogli appuntamento a Roma essendo lo stesso stato convocato dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sui rifiuti in Campania per  il giorno successivo e che l’intervento dell’On. Casentino avrebbe fatto annullare la revoca.

    A chiusura d’udienza,  rinviando per il prosieguo al 28 novembre,   il Presidente ha dettato un calendario per le prossime sedute  ( compatibilmente agli impegni che la sezione tiene per la concomitanza  del processo al boss Iovine ) che vanno dal 9 gennaio e fino al 9 luglio 2012.
      


domenica 6 novembre 2011

AMNISTIA STRISCIANTE ANCHE PER LEX TOMAS de TORQUEMADA CASERTANO???


IL 2 DICEMBRE  PRESSO la 2° Sez. del  TRIBUNALE DI ROMA LA NUOVA UDIENZA

VERSO LA PRESCRIZIONE (PILOTATA?) IL PROCESSO A CARICO DELL’EX PROCURATORE MAFFEI ACCUSATO DI CALUNNIA E ABUSO DI UFFICIO
Le proteste  del difensore Sen. Ferdinando Imposimato,  per il Procuratore di Isernia Paolo Albano. –
 Mariano Maffei si è dichiarato innocente ed ha incolpato i suoi colleghi. Il P.M. d’udienza ha chiesto un rinvio non conoscendo gli atti.

( Dal nostro inviato )

     


















Roma – ( di Ferdinando Terlizzi ) – Si è svolta, l’altro giorno,  presso la 2° Sez. penale del Tribunale di Roma, un’altra udienza del processo a carico di Mariano Maffei, ex   Procuratore della Repubblica del Tribunale di S. Maria C.V.,  sotto processo per i gravissimi reati di calunnia e abuso di ufficio,  nei confronti del suo aggiunto ( oggi Procuratore Capo di Isernia ) Dr. Paolo Albano e del Sostituto Procuratore,  Dott.ssa Filomena Capasso.  

     Nell'ultima udienza, il P.M.  delegato dalla Procura a sostenere  la pubblica accusa, ha chiesto un rinvio, perchè non era a conoscenza degli atti. Inutili  le vibrate proteste del difensore di Albano,  Sen. Avv. Ferdinando Imposimato.  Ma in apertura d’udienza  si era verificato un altro inusitato fatto. Il Prof. Avv. Alfonso Maria  Stile, difensore dell’ex Procuratore della Repubblica,  ha chiesto che venisse trattato subito il processo, dovendosi recare a  Napoli ( Sic!)  per la celebrazione di un altro processo che lo vedeva  impegnato come difensore. L’istanza è stata accolta –  in assenza delle parti lese che sono  giunte subito dopo - e  il Presidente,  anche in considerazione della richiesta del Pubblico Ministero,   ha rinviato per il prosieguo alla  prossima udienza del 2 dicembre.

    Questa situazione,  che si è verificata per la seconda volta,  lascia  “interdetti”  se si considera la gravità  delle accuse ed il ruolo dei personaggi ( tutti magistrati imputati e parti lese )  e non si capisce perchè la Procura di Roma, in generale tanto attenta a dare lezioni di stile a tutti gli uffici giudiziari d’Italia -  non si adoperi,   in  questo caso,  per  portare a termine un processo – prima della prescrizione – per dare almeno il buon esempio, considerato il fatto che sono in ballo la  credibilità della giustizia e i comportamenti scorretti di  alcuni pubblici ministeri e Procuratori della Repubblica.

     L’inchiesta di Roma, però,  ha già travolto il Maffei, (privandolo della carica di Magistrato Tributario)   noto in tutta Italia,  non solo  per la sua  “esilarante” intervista finita su youtube, ( Un procuratore da strapaese: “Ma che state registrando? Spegnete tutto”),    che ha fatto sbellicare di risate migliaia di utenti web,  in occasione dell’ arresto di “Nutella”, Sandra Mastella, e della iscrizione  dell’allora  ministro della Giustizia Clemente  Mastella,   nel registro degli indagati, con le conseguenti dimissioni e la caduta del Governo;  ma anche per essere stato oggetto di interrogazioni Parlamentari ( On. Mario Gazzilli,  PDL,  ex piemme della Procura samaritana )   che lo additavano quale soggetto che aveva tentato di condizionare  la “par condicio creditorum” del crac dei fratelli De Asmundis,  pretendendo  la restituzione di quanto investito in precedenza ( si parlò di 750 milioni delle vecchie lire )  in imminenza del fallimento della Finanziaria Somme poi  parzialmente recuperate grazie ad azzeccate azioni  giudiziarie.

     Un solo accenno per la  nota vicenda – che vide coinvolti numerosi professionisti casertani -  ( avvocati, notai, magistrati, medici ), il Tribunale di Potenza  condannò a sette anni di reclusione ciascuno, per bancarotta aggravata, Guido De Asmundis, Antonio Gioffredi e Alessandro Imperato, imputati nell'inchiesta sul crack da circa 200 miliardi di lire della società "Professione e finanza" di Napoli che, negli anni '90, danneggiò migliaia di risparmiatori napoletani. Fra le persone raggirate vi furono noti professionisti e anche alcuni magistrati in servizio a Napoli (per tale ragione, il processo fu celebrato a Potenza). Il pubblico ministero, Henry John Woodcock, aveva chiesto la condanna di De Asmundis, Gioffredi e Imperato a dieci anni di reclusione ciascuno.  

     Ma ritorniamo a Maffei, lo stesso, infatti, poiché ricopriva anche la carica di Presidente effettivo di una importante Sezione Tributaria della Regione Campania ( con lauti compensi ) il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, con proprio decreto,   lo ha sospeso  dalle funzioni di Presidente della Commissione Tributaria di Napoli in considerazione proprio del procedimento  che lo vede accusato dei gravi reati.

    Il processo, invece, di cui ci occupiamo  è nato in seguito ad un esposto del Procuratore Aggiunto  Dr. Paolo Albano,  ( allora in servizio a S. Maria C.V.,  ed oggi Procuratore Capo presso la Procura di Isernia),  con il quale lamentava una serie di abusi e di interferenze del Procuratore Capo nei suoi confronti e nei confronti di alcuni colleghi.  
    Dopo  vari anni di istruttoria,   il  Gup  Dr. Maurizio Silvestri,  su richiesta del Pubblico Ministero di Roma, Dr. Giancarlo Amato, rinviava a giudizio il Maffei.  per abuso di ufficio formulando il seguente capo di imputazione: “perché agendo nell’esercizio delle sue funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria C.V. in violazione della disposizione contenuta nell’art. 335 C.P.P. ( che consente l’iscrizione nell’apposito registro soltanto di effettive “notizie di reato” pervenute dalla polizia giudiziaria ovvero acquisite di iniziativa dagli uffici di Procura ) cagionava intenzionalmente ingiusto danno al Procuratore Aggiunto della Repubblica Paolo Albano, in servizio presso il richiamato ufficio giudiziario, con le seguenti condotte:

     In data coincidente o immediatamente successiva al 7/6/2006 il Dottor Maffei veniva a conoscenza, attraverso il Sostituto Procuratore della Repubblica Maria Di Mauro ( in servizio presso l’ufficio da lui diretto e titolare del procedimento penale 58/06 mod. 21 nell’ambito del quale erano svolte indagini in merito a presunti illeciti ascrivibili al dottor Giuseppe Tatavitto, medico presso l’ospedale di S. Maria C.V. per la predisposizione di falsi titoli professionali in occasione di un concorso da lui vinto, bandito per il conferimento dell’incarico di Direttore Sanitario di quel presidio) di una situazione per la quale relativamente ai medesimi fatti era pervenuto alcuni anni prima presso la Procura della Repubblica di S. Maria C.V. un esposto anonimo.

      Esposto che era stato inizialmente trattato dal Procuratore Paolo Albano con delega alle indagini ai carabinieri di S. Maria C.V., accompagnata peraltro nel corso dell’attività investigativa da alcuni biglietti manoscritti con i quali il medesimo magistrato aveva precisato gli adempimenti da svolgere in maniera più analitica dall’ufficiale di polizia giudiziaria incarico della trattazione ( maresciallo Enrico Giordano, all’epoca comandante della locale stazione dell’Arma ); la delega era stata poi riscontrata da informativa a firma del richiamato sottufficiale, presentata in visione una prima volta al dr. Albano ma non depositata né registrata presso la Procura di S. Maria C.V., a seguito di rilievi meramente formali da parte del Procuratore Aggiunto contenendo un giudizio dell’operante in ordine alla ritenuta assenza di fatti costituenti reato ( di spettanza più propriamente dell’Autorità Giudiziaria ) e successivamente riproposta senza il predetto giudizio”.
   
     Il Dottor Albano nonostante l’esito oggettivamente negativo delle indagini svolte, ritenendo la vicenda meritevole di approfondimento ulteriore, aveva disposto una nuova iscrizione degli atti dal modello 46 al modello 21 (sia pure contro “persona da identificare” e non nei confronti di una specifica persona indagata) con assegnazione automatica nell’ambito del gruppo specializzato competente al Sostituto Procuratore  Dott.ssa Patrizia Dongiacomo, continuando a seguire gli sviluppi pi ù significativi dell’indagine ed infine vistando al richiesta dio archiviazione ( dopo che anche una consulenza grafica non aveva consentito di accertare la falsità dell’unico documento segnalato come sospetto dal maresciallo Giordano ).
     
     Le successive indagini condotte dalla dottoressa Di Mauro, peraltro, avevano portato a risultati ben diversi sulla base di una verifica assai più completa operata dalla polizia giudiziaria da costei delegata ( Comando Provinciale Carabinieri di Caserta, Nucleo Operativo ) che aveva preso in considerazione anche altri documenti prodotti dall’aspirante Direttore Sanitario Tatavitto ed aveva approfondito il tema relativo alla falsità del numero di protocollo del solo atto sul quale si era concentrato ( peraltro con esito finale negativo ) l’attenzione del Maresciallo Giordano, evidenziandosi in definitiva una inadeguatezza attività investigativa svolta a suo tempo da quest’ultimo ( ritenuta dolosa dai Carabinieri del richiamato comando Provinciale i quali con informativa 5/7/2006 denunciavano il solo Maresciallo Enrico Giordano quale autore dei delitti previsti dagli artt. 323 -328 e 479 C.P. ).

     Preso atto di quanto sopra il Dr. Mariano Maffei,  disponeva per la trasmissione degli atti contenenti le precedenti investigazioni sfociate in una richiesta di archiviazione del Sostituto Dongiacomo vistata dal Procuratore Aggiunto Albano,  alla Procura della Repubblica di Roma,  per competenza funzionale ( ai sensi dell’art. 11 del C.P.P. ) segnalando eventuali responsabilità del maresciallo Giordano e “di magistrati di questo ufficio” ed iscrivendo nei confronti del medesimo Giordano le fattispecie previste dagli artt. 323- 328 e 479 C.P.   

     “In realtà siffatta iniziativa – continua la richiesta della Procura di Roma - “era stata assunta in totale assenza di qualsiasi elemento accusatorio, oltre che verso il maresciallo Giordano, nei confronti del Dottor Albano, di fatto a quel punto prontamente e doverosamente iscritto quale indagato dalla Procura della Repubblica di Roma all’arrivo degli atti provenienti dal corrispondenti ufficio sammaritano atteso che egli appariva quale unico possibile magistrato della Procura della Repubblica di S. Maria C.V. coinvolto nelle condotte illecite ascritte al maresciallo Giordano in quanto solo quel Procuratore Aggiunto aveva tenuto i rapporti ed impartito direttive operative al sottufficiale dei Carabinieri nella conduzione delle fasi dell’indagine che si assumeva da parte di quest’ultimo intenzionalmente lacunose; iniziativa del Dottor Maffei che trovava semmai giustificazioni in precedenti dissidi personali e o professionali con il precedente collega ( che nessun sospetto di compiacente collusione a vantaggio di un indagato aveva mai potuto indurre attesa l’assenza di qualsiasi elemento che rilevasse una diretta conoscenza della persona che sarebbe stata favorita. La iniziale delega di indagine che era stata disposta, la successiva indicazione di espungere da una informativa il riferimento all’assenza di reati accertati, la nuova iscrizione degli atti a modello 21 con assegnazione ad un Sostituto Procuratore che aveva poi svolto ulteriori indagini anche tecniche )”.

     Ed inoltre il Maffei veniva anche rinviato a giudizio per calunnia aggravata nei  con fronti di dei Sostituti Dr.  Paolo Albano e  Dott.ssa Filomena Capasso,   “perché ricoprendo l’incarico indicato al capo precedente incolpava il Procuratore Aggiunto Paolo Albano,  pur conoscendone le innocenza, di concorso nella consumazione dei reati previsti dagli artt. 323 - 328 e 479 C.P. denunciandolo ( in forma indiretta ma inequivoca ) con le modalità specificate al capo 1) all’A.G. di Roma ( ai sensi dell’art. 11 C.P.P. pur in assenza di alcuna effettiva notizia di reato a carico di costui”.

      Ed inoltre il Maffei risponde anche di abuso di ufficio nei confronti oltre che del Procuratore Aggiunto Albano anche nei confronti del Sostituto Filomena Capasso per altri fatti. Nel novembre del 2006 il Dottor Maffei veniva a conoscenza – anche attraverso audizioni testimoniali condotte in prima persona unitamente ai Sostituti Procuratori Dr. Alessandro Cimmino e Dr. Luigi Landolfi (contitolari del procedimento penale 9171/06/ mod. 21 nell’ambito del quale erano svolte indagini in merito a presunti illeciti ascrivibili a dipendenti dell’ufficio tecnico Comunale di Orta di Atella ma anche in ordine a possibili condotte compiacenti da parte di appartenenti alle Forze dell’Ordine), di una situazione per la quale relativamente ad analoghi episodi di abusi edilizi resi possibili da connivenze o complicità di tecnici comunali di Orta di Atella era stato presentato alcuni anni prima, presso la Procura della Repubblica da parte dei carabinieri di S. Arpino, un esposto anonimo pervenuto a tale Comando; esposto che i militari avevano in un primo tempo portato presso l’ufficio del sostituto Procuratore della Repubblica Filomena Papasso,  ravvisando un collegamento con altro procedimento iscritto a mod. 21 assegnato a quel magistrato, ma che subito dopo era stato portato presso l’ufficio dal Procuratore Aggiunto Paolo Albano, atteso che la dottoressa Capasso non aveva ravvisato alcuna ragione di collegamento.

    Il Dr. Albano aveva dato a sua volta indicazione ai carabinieri di S. Arpino ( in persona dei marescialli Vincenzo Franco e Salvatore Ragozzino) di modificare la missiva di trasmissione dell’esposto anonimo, prima di depositarla ufficialmente in Procura, nel senso di togliere il riferimento quale destinatario del Sostituto Procuratore Capasso ( sostituendolo con il suo nominativo ) ed altresì di eliminare un riferimento al Sostituto Procuratore  Dr. Donato Ceglie, inizialmente indicato quale soggetto nei cui confronti l’esposto anonimo era stato proposto ( in quanto fratello di un revisore dei conti presso il Comune di Orta di Atella).

    Preso atto di quanto sopra il Dr. Mariano Maffei disponeva per l’iscrizione dei due più volte citati magistrati nel registro degli indagati della Procura della Repubblica da lui diretta, quali autori dei delitti previsti dagli artt. 110 – 490 – 61 n°2 e 11 ( non disponendo analogamente nei confronti dei marescialli Franco e Ragozzino) nonché art. 323 C.P. inviando subito dopo gli atti per competenza funzionale alla Procura di Roma.

     “In realtà – scrive il piemme romano nell’atto di accusa a Maffei – “siffatta iniziativa era stata assunta in totale assenza di qualsiasi elemento accusatorio nei confronti dei dottori Albano e Capasso trovando semmai giustificazione in precedenti dissidi personali e professionali con i predetti ( il primo magistrato, infatti, pur avendo ritenuto necessario di formulare rilievi di natura formale ai carabinieri di S. Arpino,  circa la citata missiva di trasmissione iniziale aveva poi regolarmente accettato il deposito dell’esposto anonimo, disponendo con riferimento ai fatti ivi rappresentati una tempestiva delega di indagine ai carabinieri di Aversa, laddove altra identica copia dello stesso atto direttamente pervenuta in Procura nei mesi precedenti, era stata archiviata senza svolgimento di indagine da altro Procuratore Aggiunto dello stesso ufficio; quanto al mancato inoltro della prima nota di accompagnamento ( e conseguente sua cestinazione ) nessuna soppressione di penale rilevanza era ipotizzabile essendosi limitati i carabinieri di S. Arpino ad accettare il suggerimento di apporre modeste correzioni formali ad un atto di mera trasmissione, in epoca precedente rispetto al suo deposito e registrazione presso la Procura della Repubblica di S. Maria C.V. come dimostrato dalla stessa mancata incriminazione dei marescialli Franco e Ragozzino.

    In merito alla dottoressa Capasso, infine, essa si era limitata conformemente alle regole del codice di procedura penale ed a quelle tabellari esistenti presso la sede di servizio, a dare indicazione affinché   un determinato esposto anonimo venisse depositato presso il suo ufficio, per essere acquisito all’interno di un procedimento iscritto al modello 21 ma presso l’apposita struttura centralizzata preposta alla ricezione degli atti.  

   Si vuole arrivare anche per l’ex inquisitore  di santamaria all’amnistia strisciante? Se ne riparlerà il prossimo 2 dicembre. Ci saremo ancora… come cani da guardia della democrazia e della… legalità perché,  come ha  fatto giustamente osservare Vladimiro Zegrebelski,  magistrato italiano, giudice della Corte Europea dei diritti dell'uomo: “Non dunque il rilievo “penale”, ma il rilievo “sociale” spinge il giornale e il giornalista a pubblicare o a trascurare una notizia e ancora prima, nel giornalismo d’inchiesta, a cercarla, fino a forzare il segreto che altri è interessato  ad assicurare”.