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domenica 11 marzo 2012










Ricorre in questi giorni il 60° anniversario
A Mignano Montelungo   il 25 marzo 1952

42 morti e 63 feriti nella Galleria di Cannavinelle

  





   Mignano Montelungo - I primi flash battuti dalle agenzia di stampa sono drammatici e parziali. Poi i dettagli nella loro crudeltà.  Le prime domande dei soccorritori con i riflettori  nella galleria della morte:  Come si è prodotta la terrificante sciagura di Mignano Montelungo in località Cannavinelle?  La coraggiosa  lotta dei  pompieri nelle viscere nere del monte;   salveranno gli altri operai sotto le macerie? Ventuno le  salme identificate finora.  Una visione d'orrore.   I morti che erano  saliti a 39 ( divennero 42 con la morte di molti feriti gravi )  ed i feriti a 63 avvolti in teli e coperte.  Questa notte si è vegliato nel grande cantiere della ditta “Farsura”, a Cannavinelle, una località lontana dalle case, dove, in una radura, ci sono le baracche dei minatori. E' qua, dalla parte di Mignano,  l'imbocco della galleria lunga dodici chilometri, che termina dall'altro lato, a Roccapipirozzi  (una. borgata di  Sesto Campano) in provincia di Campobasso, da  questo punto, venti mesi fa trecento uomini attaccarono la roccia tagliente, per quest'opera che avrebbe dovuto convogliare, nel prossimo novembre, l'acqua del Volturno ad una centrale, costituendo un passo decisivo nel grande piano di redenzione del Mezzogiorno.
     Ecco il drammatico racconto di un inviato speciale dell’epoca. “E… oggi trentotto di questi uomini  sono caduti. La luce dei proiettori è concentrata sul vasto cantiere dove ora tutto, è fermo. Nel silenzio s'ode il rombo dei motori elettrici e il cigolio dei vagoncini della “decauville”: avanzano nel viscere nero del monte portando i vigili del fuoco che, armati di lampadine, piccozze, vanghe, badili, scavano ancora dove, dopo lo scoppio, è crollata la volta. Vi sono ancora uomini sepolti ma v’è la speranza che siano ancora vivi. Perciò, mentre un turno ritorna, con i vagoncini colmi di materiale, altri vigili vanno. Due operai, Ernesto Mignaca e Michele Schiavitela,  guidano  i vigili del fuoco nelle viscere della terra,  mentre continuano ad essere affiancati i corpi straziati delle vittime del crollo. Dirige la manovra l'ing. Alfonso Busacca, comandante i vigili  del Fuoco di Caserta,  che operano con quelli di Frosinone, Teano e Campobasso. “I  feriti - dice l'ingegnere -  sono saliti a 56: trenta all'inizio della galleria, dalla parte di Mignano, e il resto dall'altra parte. Per i morti, invece, occorre sgomberare tutta la galleria per. potar dare sul loro numero una risposta definitiva”.
     La scena si ripete, affannosa, truce: la decauville riparte. Impiegherà esattamente 45 minuti a percorrere i chilometri 3,200 arrivando al punto preciso del crollo II ritorno è in discesa, e i vagoncini impiegano dieci minuti in meno. Saliamo nella baracca della direzione. Il geometra Enzo De Biasi, direttore del cantiere è ferito al viso e non c'è. Mancano anche i capi-assistenti Alberto Di Stefano e Raffaele Micarelli, feriti anch'essi. Un impiegato, Innocente Moret, da Conegliano Veneto, piangendo,  ha raccontato ai cronisti che  ha riconosciuto in uno dei cadaveri recuperati il proprio fratello Antonino ed ha narrato,  con particolari raccapriccianti,  l’accaduto. Egli era nella baracca con due amici, Enrico Nissi e Giacomo Presi: hanno udito lo scoppio. Prima .sono rimasti perplessi, poi hanno intuito, e sono accorsi sui vagoncini della “decauville”. I primi a trovare sotto la galleria sono stati De Biase e Micarelli, stesi per terra e pallidi.
      Fino a quel momento era incerto il numero dei morti.  Poi la sera l'elenco dei presenti è passato alla direzione. Non ai può sapere, quindi, quanti erano  minatori del turno che, iniziato alle sette, avrebbe dovuto terminare alle 14. “Erano tutti piovani - conclude Moret -  dall'età media di 30 anni”. Circa l'esplosivo di cui si aveva notizia stanotte egli precisa che, anche se ve ne fosse stato sotto la galleria, ciò era normale perchè questo  è il compito del tecnico  Federico Fabiano,  che lo porta con uno  speciale vagoncino. Sembra da escludersi, comunque, che il disastro debba attribuirsi all'esplosivo.
     Il Genio Civile, e l'Ispettorato delle miniere e del lavoro,  stanno  svolgendo le indagini. Chiedo: “A che ora esatta si è avuto lo scoppio !”. “Dagli  orologi di alcuni morti -  risponde l'interpellato -  segnavano  le 11,48 precise”. Scendo dalla baracca della direzione, in alto sul pendio i morti stanno in due capannoni: l'officina e il magazzino. Sono allineati, per terra, avvolti in coperte grigio scuro  da  cui spuntano  rozze scarpe infangate e braccia levate in alto, con le mani aperte e le dita rigide. A uno l'esplosione ha tolto le scarpe e appaiono i calzini bianchissimi; in un altro, girato sul fianco, si vede lo scapolare, con una Madonna e il Bambino. Spicca cereo il viso di un giovane ingegnere, Massimo  Di Giacomo, per la prima volta ieri in visita ai lavori, con un amico. Fuori i capannoni sono affissi dei manifesti a colori: “Una scala in cattivo stato non regge al peso” , dice uno. “Attenti! Non fate il sottoscavo!”, avverte un altro. E un terzo più grande: “L'infortunio, legato a un filo, pende sul vostro capo. Evitatelo!”. Il viola cupo sui monti  di Venafro si sbianca in un chiarore perlaceo: è quasi l'alba. La luce di fari e lampade sul cantiere è sempre più fioca. Adesso, che è chiaro, appare un grosso camion, fermo fuori dei capannoni, ricolmo fino in cima: sono le trentotto bare inviate questa notte dalla Prefettura.
     Più tardi tornerà il ministro Campili che è rimasto a Caserta. E' atteso pure il Procuratore della Repubblica.  Lenta è l'opera di identificazione delle salme in quanto la terrificante esplosione ha asportato ad alcuni operai parte del viso ed ha ridotto in brandelli le tute in cui erano custoditi i documenti. I morti finora identificati sono ventuno: Vittorio Tarquinia, Amerigo Pczzuti, Giuseppe Martino, Onofrio Delli Cunti, Ettore Rugghia, Gabriele Dermo, Mario Allegretti, Giuseppe Grande, Antonino Crea, Battista Trombini, Pietro Salutari, Remo Filonetti, Giuseppe Troletti, Giovanni Sciara, Mario Flamini, Francesco Verticchio, Domenico Paolini, Giuseppe Giovarrusci, Raffaele Cosentini, Vincenzo Ranieri, ing. Massimo Di Giacomo.
Quest'ultimo, un giovane ingegnere ventiquattrenne, non apparteneva alla ditta assuntrice dei lavori, ma, recatosi sul posto a visitarvi un amico, era stato invitato a entrare “ nel tragico tunnel per rendersi  conto di come procedevano i lavori. La  “decauville”  è di ritorno e fa udire il suo fischio. Incastrato nel cemento hanno trovato un altro cadavere: il trentanovesimo. Si chiama Giovanni Battista Trombetti. “Non ve ne dovrebbero essere altri”, commentano i minatori. Intanto dalle borgate arrivano gruppi di gente: vecchi, madri, donne pallide che corrono verso i capannoni.







Dinanzi alle 39 salme sfilano i compagni in pianto
     Il giorno successivo alla tragedia è impiegato  per un assai triste ma pur indispensabile compito: il riconoscimento delle salme fatto da magistrati, medici  chirurghi, i dottori Francesco e Dino Purcaro e da una commissione del cantiere composta di impiegati e minatori, compagni di lavoro dei morti e degli scampati per miracolo, come Giovanni Cicchinelli, Pompeo De Cicco e Giovanni Cocozza.
     Ma il destino ( per chi ci crede ) ha guidato le cose. Mentre i primi due si trovavano in galleria vicino all'uscita, il terzo era giunto con alcuni minuti di ritardo, dov'è accaduto lo scoppio. Il suo caposquadra, Alberto Di Stefano, gli chiese di porre in azione i ”vibratori”, un apparecchio che spalma il cemento (infatti il lavoro ormai era in fase di rifinitura). In quel momento il minatore si accorse che, per una distrazione,  aveva lasciato fuori la Galleria l’apparecchio.  “Sì -  gli disse il Di Stefano -  che  preferisci? 500 lire di multa o una giornata di sospensione?”. “La sospensione”,  rispose l'altro. Fu così che con la decauville ritornò fuori all'aria e si salvò la vita.
     Anche per questi uomini rudi, usi alle asprezze e alle insidie di una vita fra le più dure, il  riconoscimento dei cadaveri: dei loro compagni, è stato una,  cosa angosciosa. A mano a mano che le grige coperte, spesso madide di sangue, venivano  aperte, apparivano i poveri corpi straziati, dai volti lividi, con le labbra contorte e le braccia rigide, dalle pesanti mani callose che cadevano giù inerti. Appello senza risposta…  Uno sguardo e, sfogliando un  elenco, si udiva un nome come ad un appello senza risposta: “Giuseppe Di Lauro, Mario Parisi, Giuseppe Giovarusci, Pietro Salutari, Massimo Di Giacomo...”.  Un attimo di silenzio, un segno di lapis su una carta. Era tutto. Appena il riconoscimento era avvenuto, senza perdere troppo altro tempo nello stabilire le cause della morte, il cadavere veniva adagiato nella bara.
     Non è stato facile trovare, così  in fretta, 39 bare  e perciò ve ne erano di ogni tipo, tutte in legno, di foggia diversa, costo e colore, anche bianche, come si usano per i bambini: in acero, faggio, abete e persino due in legno pregiato, mogano e noce, con pesanti borchie di bronzo vero,  destinate certo a persone  benestanti,  ai nobili della zona,   ai padroni… non certo ai poveri minatori.
     Invece la morte improvvisa, ha livellato anche questo. E poi gli ordini erano ben chiari, subito 34 bare all'imbocco della galleria di Mignano Montelungo. Per le altre 5, dall'altra parte, “la competenza” (cosi! diceva il fonogramma) era della Provincia di Campobasso, nella cui giurisdizione è  situato il comune di Sesto Campano. E anche a quelle cinque si è provveduto subito. Fuori dei capannoni, intanto i carabinieri, pur con gli  occhi umidi di lacrime,  per le scene di dolore, tenevano lontano le  donne; i vecchi che singhiozzavano, mordendosi le mani  e guardando verso la porta dove i feretri  uscivano già inchiodati. L'esplosione è stata cosi violenta che spesso i corpi sono divenuti irriconoscibili e l'ordine più rigoroso voleva appunto evitare, almeno in un primo tempo, quel colpo atroce.
     Le bare, con incollato sopra un foglio scritto a penna (nome e cognome), uscivano accatastate su un camion. Poi, il mezzo partiva. Cinque volte ha percorso il tratto dal cantiere per il contorto e polveroso viottolo tra siepi di rovi. E, alla fine, dietro, il bordo rimasto aperto e sospeso, aveva rigagnoli rossi. Alle bare si era provveduto, ma alle casse di zinco, così in fretta, non si era potuto e dal legno sconnesso il sangue gocciolava. Poi, sui pavimenti dei capannoni è stato sparso, bianco ed acre, un disinfettante. Infatti, dopo più di un giorno, le pozze di sangue e tutta quella carne in decomposizione avevano già diffuso un lezzo, e nella notte, avvertite dal sensibilissimo olfatto, si era levato dal querceto, il lamento delle civette.
L'inchiesta in corso  da parte della magistratura del Tribunale di Cassino
     Sulla piazzetta centrale di fronte al vecchio rudere del castello di  Ettore Fieramosca, si eleva, ancor fresca di pietra,  per l'edificazione recente, la parrocchia di S. Maria Grande. E, portate a spalla fra la folla che, muta e a capo scoperto, gremiva il sagrato, passavano le bare poi adagiate sul pavimento della chiesa, l'una a fianco dell'altra. Un giorno e mezzo dopo, il bilancio umano della sciagura di Mignano si compendia in 42 morti e in sessanta feriti.  Circa le cause, è al lavoro la commissione  d'inchiesta, presieduta dal Procuratore della Repubblica di  Cassino dottor Carlo Alvino,  che è assistito, fra l'altro, da  due tecnici il tenente colonnello  Nicola Caprio dello spolettificio  di Fontana Liri e il colonnello  Antonio Le Piane, direttore del Pirotecnico di Capua.
     Tuttavia si  sa, ormai, che la sciagura è  stata causata non da gas,  come il metano (il grisou, in questo caso, era assolutamente da escludersi) ma dall'esplosione  di  un piccolo deposito di antoaite, usato per il brillamento di  cariche. Infatti, la metà delle pareti, sembra che dovessero essere ancora allineate. Ciò si è appreso dalla  precisa dichiarazione fatta alla stampa dal Ministro Pietro Campilli,   che  ha fatto visita ai feriti negli ospedali di Cassino e Teano.   
 RICONOSCIMENTI   E LE CELEBRAZIONI DELLE PASSATE EDIZIONI
     A  studiare  ( più di tutti ) l'evento e chiarire molti lati oscuri della vicenda ed anche  ad avviare un percorso della memoria fu Mauro Nemesio Rossi,  prima componente  la commissione scuola lavoro della Federazione,  ed ora presidente del Centro studi ed alta formazione maestri del lavoro d'Italia. La lotta contro le morti bianche e gli incidenti sul lavoro deve essere un impegno di tutti, ancor più degli insigniti dal Presidente della Repubblica che sono stati chiamati in una missione sociale che va oltre all’onorificenza. Le belle parole e le passerelle non servono a risolvere un problema che esiste e non può passare nell’indifferenza collettiva. Se la scuola è carente i maestri del lavoro debbono e possono sopperire a queste deficienze.”.  Lo ha detto nel suo intervento Mauro Nemesio Rossi maestro del lavoro e direttore del Centro Studi Alta Formazione a Mignano Montelungo in occasione della celebrazione delle vittime di Cannavinelle nell’annuale ricorrenza della tragedia.
     Successivamente  nella centrale Enel il sindaco Roberto Campanile ha assistito alla messa solenne celebrata dal vescovo Mons. Arturo Aiello. Mai una strage di lavoratori in Italia è stata così grande dal dopoguerra in poi. In un solo colpo a causa dell’esplosione della santabarbara furono uccise 42 persone che stavano realizzando la condotta della Sme, Società Meridionale Elettricità, che doveva, non solo portare l’acqua alla popolazione, ma alimentare una delle più grandi centrali idroelettriche dell’Italia del Sud quella di Presenzano.  Il grave episodio avvenne il 25 marzo del 1952 nel comune di Mignano Montelungo in località Cannavinelle. Una zona montuosa a cavallo tra la provincia di Caserta e allora di Campobasso.
     Con un decreto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto ricordare quel tragico avvenimento conferendo la stella al merito del lavoro ai gonfaloni delle regioni a cui appartenevano le vittime della tragedia. Sia il Comune di Mignano che quello di Sesto Campano, i due fronti su cui si lavorava per scavare la galleria, ricordano sistematicamente l’avvenimento. Il dibattito che ne è seguito, dove oltre al sindaco sono intervenuti in rappresentanza del prefetto il dott. Gaetano Cupello, e per il neo presidente della provincia la dott.ssa Emilia Tarantino,  che hanno portato i saluti dei rispettivi Enti, è stato successivamente animato dalle relazioni dell’On Antonio Incollingo, Vice Presidente del Consiglio Regionale Molise; dall’On. Aldo Patriciello,  Parlamentare Europeo; dall’Ing. Pietro Navatta, Responsabile ENEL Nucleo Idroelettrico di Presenzano; dal  dr. Tommaso Campanile del CNA Caserta e dal dr. Sebastiano Calleri,  Responsabile Salute e Sicurezza della C.G.I.L. Nazionale.
     Sono intervenuti, inoltre, la Prof.ssa Mariella Uccella,  console provinciale,  il coordinatore della scuola- lavoro della Federazione Maestri del Lavoro, Mauro Nemesio Rossi, quest'ultimo   dati alla mano, ha dimostrato i lavori realizzati da alcuni insigniti che portano nelle scuole la cultura della sicurezza sul Lavoro ed intervengono nelle commissioni dove si dibatte del problema. Va detto che il presidente nazionale del sodalizio Gianluigi Diamantini ha voluto fare arrivare il suo messaggio di congratulazione sia all’Enel che al Comune di Mignano. Alla fine della cerimonia sono state consegnate targhe e medaglie ricordo. Particolarmente meritata la targa ritirata dal maestro del lavoro di Isernia,  Rino Verrecchia,  presente insieme al collega Antonio Testa, perché grazie all’impegno ed all’apporto dell’insigniti del Molise che il presidente Napolitano decretò le stelle al merito.









UN LIBRO IN OCCASIONE DELLA RICORRENZA DEL 60° ANNO
     Il Comune di Mignano – si legge nella notizia  riportata nei giorni scorsi dal nostro giornale – in occasione del  60° anniversario della tragedia di Cannavinelle, ha coinvolto due personalità legate in maniera particolare al tristo evento,  per realizzare un libro storico/commemorativo, che verrà distribuito il giorno dell’evento. Si tratta di Giacomo De Luca, (sindaco di Mignano dal dal 1990 al 2004 ) e di Andrea Fontaine, (maestro del Lavoro ed capo impianto Enel di Montelungo).   







A Roccadevandro 24 giugno del 1952

Altri quattro morti per una frana nella

 “Galleria della Morte”

      La “galleria della morte”  di Mignano  Montelungo ha voluto ancora altre vittime. Poco dopo le ore 13,30,  infatti, a distanza di tre mesi dall’orrenda tragedia che causò tante vittine, nel cantiere dell'impresa C.I.P. che esegue in località Pece, a 3 km. dall'abitato,  i lavori  presso  un profondo canale idraulico in corso di escavazione si è verificata  una frana che ha investito  in pieno un gruppo di operai che rimanevano sepolti. Il canale indicato congiunge la “galleria della morte” - ove, come è noto, il 24 marzo perirono tragicamente 42 operai ed un ingegnere in seguito ad una violenta esplosione - con l'ultima cascata della centrale elettrica.
     La notizia della nuova sciagura si è diffusa rapidissima in tutta la zona facendo accorrere sul posto numerosi contadini che organizzavano le prime squadre di soccorso mentre dalla direzione del cantiere veniva chiesto l'intervento dei vigili del fuoco di Caserta e di Cassino. Dopo alcune ore di intenso lavoro venivano estratti dalle pietre e dal terriccio i corpi dei quattro manovali deceduti per asfissia. Altri quattro operai, feriti più o meno gravemente, venivano ricoverati nell'ospedale di Cassino. Sopraggiunta la notte, i lavori di sgombro dell'enorme cumulo di terreno continuavano alla luce di grosse lampade e di torce. Si ha, comunque, ragione di ritenere che non vi siano a registrare altre vittime. 




martedì 6 marzo 2012




UN SUCCESSO DI CRITICA E DI PUBBLICO ALLA PRESENTAZIONE DEL PARERE DI GIUSEPPE RICCIO SULLA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE DEI PM. ORGANIZZATO DALL'AIGA DI CUI E' PRESIDENTE  ALFONSO QUARTO - MAGI, CANTONE  E BOATO TRA I RELATORI - PRESENTI DELLA SELVA, LEMBO, STELLATO, DIANA E L'AUTORE 




«Credo non sia giusto mettere in alternativa le riforme costituzionali con le leggi ordinarie. In effetti, ritengo per quanto riguarda il problema della giustizia si tratti camminare su tre percorsi. Quello delle leggi ordinarie, quello sul funzionamento della giustizia e soprattutto quello della ragionevole durata del processo perché oggi c’è una scandalosamente irragionevole durate del processo». Lo ha dichiarato oggi il senatore Marco Boato, intervenendo presso la facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli (Sun) a Santa Maria Capua Vetere (Caserta), al dibattito giudiziario moderato dall’avvocato Alfonso Quarto, presidente della sezione casertana dell’Aiga, (Associazione Italiana Giovani Avvocati). L’iniziativa, promossa dall’associazione che a livello nazionale è guidata dall’avvocato Dario Carbone, ha visto gli interventi del giudice Raffaello Magi (estensore della sentenza Spartacus) e dell’ex pm antimafia Raffaele Cantone che si sono confrontati insieme agli altri relatori (tra cui avvocati e cattedratici) sul ‘parere’ del docente universitario Giuseppe Riccio dal titolo ‘Sulla riforma dello statuto del pubblico ministero’. Il contenuto del ‘parere’ del prof.  Riccio, racchiuso in un volumetto, è stato analizzato dal senatore Boato che si è soffermato – in parte dissentendo - sulla critica rivolta al progetto Alfano sulla riforma costituzionale. «Del progetto Alfano, oramai caduto, se ne riparlerà più avanti – ha affermato il senatore – ma si può certamente discutere sul terreno amministrativo, sulle strutture giudiziarie, sui finanziamenti e anche sul terreno costituzionale». Per Boato è «giusto affrontare anche il tema della separazione delle carriere fra giudici e pm fermo restando che va garantita l’autonomia e l’indipendenza sia dei giudici che, come dice la Costituzione, sono soggetti alla legge, sia dei pm che fanno parte di un ufficio che sono le Procure della Repubblica». «Ritengo – ha proseguito Boato - che la polemica contro la riforma costituzionale è fondata su alcuni aspetti di questa proposta di legge ma è infondata per quanto riguarda la possibilità o meno di riformare la Costituzione. Ritengo che si possa e per alcuni aspetti si debba riformare l’articolo 4 che riguarda la magistratura ma allo stesso tempo bisogna affrontare i problemi drammatici e le urgenze drammatiche della giustizia di oggi che sono molti, compreso l’aspetto carcerario. Il principale problema di oggi, oltre a quello carcerario – ha continuato il senatore - rimane quello della irragionevole durata dei processi contro il principio costituzionale del nuovo articolo 111 (che ha contribuito a scrivere lo stesso Boato) e che afferma la ragionevole durata dei processi. C’è poi il principio della separazione delle carriere, che deriva sempre dall’articolo 111 che prevede la terzietà e imparzialità del giudice di fronte alla parità delle parti nel contraddittorio. Questi – ha concluso - sono i capisaldi costituzionali di una eventuale, possibile e futura separazione delle carriere». Al dibattito sono intervenuti il professore ordinario della Seconda Università di Napoli, Mariano Menna; gli avvocati Camillo Irace e Giuseppe Stellato, il preside della Facoltà di Giurisprudenza della Sun, Lorenzo Chieffi, il presidente del tribunale sammaritano Andrea Della Selva; il Procuratore capo Corrado Lembo e il presidente dell’ordine forense Alessandro Diana.
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sabato 3 marzo 2012

SANTA MARIA CAPUA VETERE (Caserta), 2 marzo 2012 (Casertasette) - Il senatore Marco Boato, i magistrati-scrittori Raffaello Magi (giudice estensore del processo Spartacus) e Raffaele Cantone (già pubblico ministero antimafia); il professore ordinario della Seconda Università di Napoli, Mariano Menna e gli avvocati Camillo Irace e Giuseppe Stellato, discuteranno il 6 marzo prossimo sul ‘Parere’ del docente universitario Giuseppe Riccio dal titolo ‘Sulla riforma dello statuto del pubblico ministero’ contenuto in un volumetto pubblicato da Editoriale Scientifica. Il forum è stato presentato oggi dall’avvocato Alfonso Quarto, consigliere dell’ordine forense di Santa Maria Capua Vetere e presidente della sezione locale sezione di Santa Maria Capua Vetere dell’Aiga (Associazione Giovani Avvocati) che modererà i lavori. Parteciperanno il preside della Facoltà di Giurisprudenza della Sun a Santa Maria Capua Vetere, Lorenzo Chieffi, il presidente del tribunale sammaritano Andrea Della Selva; il Procuratore capo Corrado Lembo, il direttore della Scuola di Specializzazione delle Professioni Legali, Carlo Venditti, il presidente dell’ordine forense Alessandro Diana e il presidente nazionale dell’Aiga, Dario Greco. L’iniziativa, alla quale sarà presente anche l’autore del volume, nasce proprio dall’impulso che l’Associazione italiana giovani avvocati ha voluto dare ad alcuni delicati temi d’attualità per avviare un confronto ed un dibattito tra i protagonisti del mondo giudiziario.

sabato 18 febbraio 2012


Confindustria, scandalo a Napoli

di Emiliano Fittipaldi
La vice di Emma Marcegaglia, Cristiana Coppola, finisce nei guai: avrebbe ottenuto illecitamente 27 milioni di euro da Banca Intesa. Licenziato il direttore della filiale che avrebbe aggirato le regole sui prestiti. E ora si incendia la corsa per la presidenza
(17 febbraio 2012)

A Napoli lo chiamano ironicamente il pasticciaccio brutto di via Roma, ma c'è poco da ridere. Perché la vicenda rischia di travolgere i vertici di Confindustria e influire sulla lotta per la successione a Emma Marcegaglia. Una specie di caso Lusi (il parlamentare del Pd che ha sottratto un po' di milioni ai fondi destinati a quella che fu la Margherita) in salsa confindustriale. Andiamo con ordine. 

A via Roma c'è la sede di Intesa-Banco di Napoli, che controlla decine di filali in città. Qualche mese fa una di queste è finita nell'occhio del ciclone: il direttore dell'agenzia (sembra di via Marina) è stato costretto a dimettersi, perché scoperto dai vertici della banca a concedere strani "prestiti" a un cliente importante per decine di milioni di euro. Ventisette, secondo le fonti autorevoli ascoltate da "L'Espresso". 

Dov'è finito il fiume di denaro? Nelle disponibilità delle aziende della famiglia Coppola. 

Cristiana Coppola, oltre ad essere amministratore di Mirabella spa, a viale dell'Astronomia è una che conta molto: è infatti stata presidente degli industriali della Campania e, oggi, è vicepresidente della Confindustria con delega al Mezzogiorno. In pratica il braccio destro di Emma Marcegaglia, tanto che tre giorni fa s'è schierata pubblicamente - portandosi dietro tutto il comitato che raggruppa le regioni meridionali - per Giorgio Squinzi, il preferito di Emma. 

Pare che Alberto Bombassei non l'abbia presa bene. Secondo le indiscrezioni che filtrano dalla sede di Intesa, il gruppo Coppola - che aveva già aperte linee di credito per decine di milioni con la banca - ha ottenuto altri 27 milioni in modo irregolare, attraverso la complicità del direttore che faceva uscire denaro aggirando, di fatto, il sistema dei fidi. «Quei soldi non potevano essere dati, è una specie di finanziamento occulto», spiega una fonte interna della banca. Che non vuole dare ulteriori dettagli: c'è un procedimento interno, l'istituto si considera vittima di un raggiro. «Per ora abbiamo preso provvedimenti contro il direttore infedele, poi vedremo». 

Accade all’Uccella di S. Maria C.V.


DENUNCIA ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DEI GENITORI DEGLI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI – RISCHIO CATTEDRE -


All’origine del caso una delibera del Collegio dei Docenti. Si lamenta il fatto che gli insegnanti di sostegno nelle ore   in cui dovrebbero seguire individualmente gli alunni portatori di handicap vengono invece utilizzati per la sostituzione dei colleghi assenti.


S. Maria C.V. “Sottoponiamo alla vostra attenzìone la grave situazione in cui si trovano i nostri figli,  portatori dì handicap, nella Scuola Uccella  dì Santa Maria Capua Vetere. A quanto risulta . pare siano  abbandonati a sé stessi, senza nessun  aiuto per seguìre   le lezioni, vìsto che i professori di sostegno vanno nelle  altre classi  a fare supplenze”..
“Questa situazione – è scritto nel dettagliato esposto inoltrato alla Procura della Repubblica e per conoscenza al Comando dei Carabinieri, di Santa Maria Capua Veterte;  al direttore generale  Dr. Diego Bouchè; al Dr.  Maurizio Piscitelli,  presso il Provveditorato di Caserta,; alla Associazione  “Tutti a Scuola”; ed a vari organi di stampa,  ed anche al Gabibbo di “Striscia la Notizia” – è andata avsanti per tutto lo scorso anno scolastico. La grave situazione è stata anche denunciata al Provveditorato e i nostri figli non hanno potuto impare niente né superare le loro difficoltà”.
     “Ci risulta – continua l’esposto sottoscritto da tutte le mamme – che  questa situazione è stata denunciata al Provveditorato  ma nulla è accaduto. Pertanto vi chiediamo di fare chiarezza. Non ci rivolgiamo al Preside perché sappiamo che ha minacciato di ritorsione i professori  di sostegno se si fossero rifiutati di lasciare i ragazzi affidati a loro. Si confida nelle vostre autorità  perché i nostri figli possano avere il diritto a studiare come tutti gli altri”.
     Il caso, non nuovo, lo abbiamo già trattato qualche tempo fa da queste colonne riguarda i  genitori degli alunni diversamente abili  che hanno interessato le autorità competenti per assicurare il diritto allo studio dei propri figlioli portatori di handicap.  All'origine del caso vi è una deliberazione del Collegio dei Docenti: gli insegnanti di sostegno, nelle ore in cui dovrebbero seguire individualmente gli alunni portatori di handicap, vengono,. all’ occorrenza, utilizzati per la sostituzione dei colleghi assenti. Il "pacchetto" di ore di insegnamento individualizzato assegnato agli alunni diversamente abili, in virtù dei benefici derivanti dalla legge 104, viene settimanalmente decurtato, in misura variabile, a seconda della quantità di "buchi" che il docente di sostegno è costretto a "tappare".
     Questo sistema per provvedere alla sostituzione degli insegnanti assenti è già stato largamente praticato all'Uccella lo scorso anno scolastico e quest'anno deliberato dal collegio dei docenti su insistente richiesta del dirigente scolastico Prof. Francesco Paolo Casale.  Questa allucinante ed assurda situazione crea, tra l’altro, una riduzione delle iscrizioni degli alunni e il pericolo della mancanza di cattedre per gli insegnanti,  con lo spettro dell’aggravarsi della disoccupazione intellettuale.





sabato 28 gennaio 2012

BUON ESITO DELLA DIFESA DEL PENALISTA GENNARO IANNOTTI PER LA MAMMA DI CASERTA ACCUSATA DI AVER PROVOCATO LA MORTE DELLA FIGLIOLETTA NELLA PISCINA DI CASA








Il penalista Gennaro Iannotti ( al centro )  con il prof. Ciro Centore e l'Avvocato Generale della Corte di Cassazione Raffaele Ceniccola 


E' stata assolta con la formula più ampia - fatto non sussiste - la mamma del piccolo R. R., il bimbo di tre anni morto nella piscinetta gonfiabile della sua casa di parco Cerasole, dal reato di omicidio colposo. L'episodio si verifico' il 7 luglio del 2010. Il piccolo RR, dopo aver fatto colazione,  fece ingresso nella piscina che la madre gli aveva gonfiato e nella quale venne ritrovato morto dalla stessa che si era allontanata per pochi minuti per andare a fare una doccia. Le indagini partirono in maniera serrata  sebbene la Procura di Santa Maria CV escluse subito l'ipotesi dolosa avanzata nei primissimi momenti a causa di problemi depressivi di cui soffriva la madre del bambino. Quasi un anno e' durato il rito abbreviato a causa delle udienze che hanno visto un serrato confronto tra il consulente dell'accusa e la consulente della difesa all'esito del quale il GUP, Cettina Scognamiglio, disponeva una perizia collegiale che escludeva ogni responsabilità della signora OS essendo il bambino affetto da una grave cardiopatia occulta che ne ha causato la morte. Venerdì la sentenza che ha certificato l'estraneità della mamma del piccolo RR. Soddisfatto l'avvocato Gennaro Iannotti che insieme alla consulente dott.ssa Francesca Latte, ha assistito la signora: "E' stata una sentenza che restituisce un po' di serenità alla signora. La scelta tecnica del rito abbreviato ha pagato non solo in termini di celerità del processo, sgravando la mamma dal ciclico ricordo di quella maledetta giornata, ma anche i termini di risultato processuale che e' stato il migliore tra quelli possibili."